La Consacrazione al Cuore di Gesù e l'Affidamento alla Vergine Santissima

La contemplazione adorante e amorosa del Salvatore dal costato aperto e dal cui cuore trafitto sgorgano sangue ed acqua è un dato costante nella storia della Chiesa, pur con accentuazioni diverse sia negli atteggiamenti interiori, sia nelle forme devozionali.
Nel tardo Medio Evo questa contemplazione porta a particolari atti di culto e, grazie ai Santi mistici- contemplativi, si passa gradualmente dall'attenzione alla piaga del costato di Gesù a quella del cuore. Se questa era una tendenza ormai presente nella Chiesa in diverse forme, dobbiamo, però, riconoscere che sono stati soprattutto S. Giovanni Eudes e S. Margherita Maria Alacoque a dare, con il loro instancabile zelo apostolico, a questa devozione verso il Cuore di Gesù una larghissima diffusione, che si è prolungata per circa due secoli nella religiosità popolare della Chiesa cattolica, fin quasi ad identificarsi con le pratiche più popolari di tale devozione.
Già Pio XII, però, nell'enciclica Haurietis aquas del 1956 segnalava alcuni segni di crisi di tali pratiche devozionali, tendenti spesso al sentimentalismo, ed indicava contemporaneamente le vie da seguire per un autentico rinnovamento. Scriveva infatti: “È nei testi della sacra Scrittura, della Tradizione e della Liturgia che i fedeli devono cercare di scoprire le sorgenti limpide e profonde del culto al Cuore di Gesù, se desiderano penetrarne l'intima natura e trarre incremento e alimento del loro religioso fervore” (H. A., n. 54).
Pertanto il rinnovamento teologico e pastorale, promosso dal Concilio Vaticano II, ha portato a proporre per un retto esercizio del culto al Sacratissimo Cuore non tanto un insieme di pratiche devozionali, ma una spiritualità molto ricca ed esigente, centrata nel mistero di Cristo dal Cuore trafitto, che è rivelazione piena del Dio-Amore e, contemporaneamente, donazione di amore totale, che va accolto, corrisposto e irradiato con tutta la nostra vita. Infatti, la contemplazione dell'amore di Dio nel Cuore di Cristo fa nascere nel cuore del credente il desiderio di una generosa risposta d'amore, come fu la vita di Cristo.
Un modo per dare forma concreta a questa esigenza di corrispondere a tanto Amore è la Consacrazione, in cui S. Margherita Maria, con la proposta di pratiche semplici e spontanee, ha saputo incarnare ed esprimere il desiderio profondo di donazione totale al Cuore di Gesù.
Pio XI nell'enciclica Miserentissimus Redemptor ne attesta la fondamentale importanza, riconoscendo che la Consacrazione personale “fra tutte le pratiche riferentesi al culto del Sacro Cuore è senza dubbio la principale”. E poi, esplicitando il senso di tale atto consacratorio, aggiunge “riconoscendo di aver tutto ricevuto dall'eterna carità di Dio , offrendoci al Cuore di Gesù, alla stessa eterna Carità offriamo noi stessi e tutte le cose nostre” (M. R., n. 8).
Parlando di Consacrazione personale, però, non dobbiamo dimenticare che ogni cristiano è già ontologicamente consacrato in virtù del Battesimo, che unisce il battezzato al Signore risuscitato e, per mezzo di Lui, lo rende partecipe dello Spirito e della relazione filiale con il Padre.
Sia nel I che nel NT si afferma chiaramente che non si può parlare di consacrazione come gesto spontaneo dell'uomo, al di fuori dell'iniziativa salvifica di Dio. Così, nel I Testamento troviamo passaggi come quelli espressi dal Deuteronomio: “Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo... Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti ... perché vi ama...
Riconoscete quindi che il Signore Dio è il vostro Dio, il Dio fedele” (Dt 7,6-9); e da Isaia: “Ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe, che ti ha plasmato, o Israele: Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.” (Is 43, 1). E anche nel NT è sempre Dio che predestina, chiama, giustifica e glorifica (Rm 8,30); è Lui che che rende i cristiani “santificati” (1 Cor1,2).
Tuttavia, nel 1° Testamento viene ugualmente ribadita l'esigenza da parte del Popolo amato di una risposta di amore totale. Celebre il testo di Dt 6, 4-5: “Ascolta Israele: ... Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze”; testo che ritorna anche in Dt 10,12; 11,13; 13,4; 30,6; e ripreso anche nel NT, tanto che Gesù stesso l'ha riconosciuto come il primo e più grande dei comandamenti (Mc 12,30).
Negli stessi testi apostolici che insistono con forza sulla iniziativa di Dio nel consacrare e santificare i battezzati, viene affermato con uguale forza che a questa consacrazione ontologica deve corrispondere una consacrazione personale e vitale a Dio, espressa in termini di culto esistenziale. I “santificati in Cristo Gesù” sono “chiamati ad essere santi” (1 Cor 1,2), cioè a trasformare la propria vita in un dono totale e offerta gradita a Dio, come indicato da S. Paolo in Rm 12,1: “Vi esorto, dunque, fratelli, per la misericordia di Dio a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale”.
Nella vita di consacrazione Gesù rimane la sorgente e il modello paradigmatico ed è sul suo esempio e in virtù della sua offerta sulla croce, che i discepoli sono abilitati a consacrarsi nel dono totale di sé. Lo stesso Gesù, consacrato da Dio in Spirito Santo e potenza (Atti 10,38), diviene a sua volta termine immediato della consacrazione dei fedeli, i quali devono vivere non per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro (2 Cor 5,15).
Vediamo bene, dunque, che la Consacrazione al Cuore di Gesù è un atto denso di impegno vitale, che si esprime in un profondo e libero abbandono di sé per una donazione pura e totale. Nella stessa luce, derivante dalla meditazione attenta ed approfondita delle Scritture, è da intendersi il significato teologico e spirituale della “riparazione”, che è una caratteristica essenziale della spiritualità del Cuore di Gesù. La “riparazione del peccato”, infatti, rappresenta la realizzazione del disegno eterno dell'amore misericordioso del Padre. È Lui che “ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16); e lo ha mandato “non per condannare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui” (Gv 3, 17).
Una tale riparazione è l'opera meravigliosa della misericordia divina, compiuta dal Figlio, Cristo Gesù, che ha donato la sua vita per il suo grande amore per il Padre e per l'umanità peccatrice, chiamata a salvezza. È Lui l'unico mediatore tra Dio e gli uomini (1Tm 2,5); e non c'è altro nome sotto il cielo dato agli uomini, nel quale sia possibile la salvezza (Atti 4,12).
Tuttavia, in forza della fede e del battesimo, anche noi partecipiamo alla vita filiale del Cristo risorto , “figli nel Figlio”, e quindi, animati e rinnovati dalla Grazia, partecipiamo anche alla sua offerta riparatrice.
Parlare di “riparazione”, allora, vuol dire riconoscere che anche a noi è possibile, in Cristo, fare qualcosa per ostacolare la presenza del peccato nel mondo e collaborare alla salvezza dei fratelli.
A noi, che umilmente riconosciamo la nostra naturale fragilità, le nostre debolezze, i nostri egoismi e il nostro stesso peccato, un tale compito appare impossibile, superiore alle nostre povere forze. Eppure, è Cristo stesso che ci dona la sua medesima missione: “Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi” (Gv 20,21). Andate, annunciate il vangelo, battezzate... (cf Mt 28,19).
Siamo invitati, dunque, a porre tutta la nostra fiducia nella Grazia di Dio, che dobbiamo accogliere con cuore indiviso, convinti che senza di Lui noi non possiamo fare nulla (cfr Gv 15,5).
Strettamente collegato alla Consacrazione al Cuore di Gesù, è da considerare l'Affidamento alla Vergine Santissima. Anche in questo caso, non è da porre in primo piano la nostra decisione personale, ma piuttosto l'azione del Redentore che dalla croce offre all'apostolo Giovanni quanto ha di più prezioso: la sua stessa Madre, Maria.
Siamo, dunque, invitati ancora una volta a metterci sotto la croce, non da soli, ma accompagnati dalla Santa Madre, per penetrare con Lei nell'abisso dell'amore di Dio per l'uomo e sentirne tutta la forza rigeneratrice. Ed è proprio ponendoci accanto a Maria sotto la croce, che potremo sentire come rivolte a noi le parole di Gesù alla Madre e al discepolo amato: “Vedendo la madre e lì accanto a lei, il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco il tuo figio! Poi disse al discepolo: Ecco la tua madre!” (Gv 19,26-27).
Il Vangelo, poi, continua, dicendo che “da quel momento il discepolo la prese nella sua casa”, o, per essere maggiormente fedeli al testo originale (eis ta idia), dovremmo tradurre “la accolse fra i suoi propri beni”. Tale espressione, più che l'aspetto materiale, evoca la dimensione spirituale di tale accoglienza, cioè del nuovo legame che si instaura fra Maria e Giovanni, il discepolo amato. Nell'atto di Affidamento alla Vergine ciò che spetta più specificamente a noi, che ci identifichiamo con il discepolo amato, è proprio l'Accoglienza della Madre, con tutta la ricchezza di atteggiamenti spirituali che il termine giovanneo comporta.
Considerando tutta la densità di impegno vitale che l'atto di Consacrazione al Cuore di Gesù richiede, è chiaro che esso non può essere qualcosa di improvvisato. È necessario, perciò, prepararvisi attraverso un itinerario di maturazione, che conduca ad una scelta libera, consapevole e piena.
In tale itinerario un ruolo fondamentale è rappresentato dall'accoglienza grata del dono della Madre. Accogliere Maria nella nostra casa, fra i nostri beni più preziosi, significa imparare da Lei le disposizioni giuste per penetrare nel Cuore del Figlio: disposizione interiore all'ascolto, atteggiamenti di generosità, umiltà, gratitudine.
Accogliendo Maria, è come se entrassimo nel suo grembo, quel grembo che ha portato e in cui si è formato Gesù, perché anche noi possiamo essere plasmati come figli e poter giungere ad affermare insieme con l'Apostolo : “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20).
In questo cammino, dunque, non siamo soli: la Vergine della tenerezza ci è vicina con il suo dolce amore di Madre.

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