Segreteria del Santuario

Segreteria del Santuario

Pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo -Monte sant'Angelo -14-15-16 Novembre 2024 - Guidato da Padre Vincenzo Voccia omv

La famiglia secondo il volere di Dio: un progetto divino per l'umanità.

La famiglia, nella prospettiva cristiana e in molte altre tradizioni religiose, è vista come una delle istituzioni più sacre volute da Dio. Essa rappresenta il fondamento della società, non solo dal punto di vista umano, ma anche spirituale. Il progetto divino per la famiglia si fonda sull’amore, sulla fedeltà e sul dono della vita, offrendo una visione profonda e significativa delle relazioni umane.

La famiglia nel disegno di Dio

La Bibbia ci insegna che la famiglia è parte integrante del disegno di Dio per l’umanità. Nel libro della Genesi, Dio crea l’uomo e la donna a Sua immagine, stabilendo il matrimonio come unione sacra tra i due: “Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne” (Genesi 2:24). Questo versetto evidenzia l’idea che il matrimonio, e quindi la famiglia, sia un'unione voluta e benedetta da Dio, una realtà indissolubile basata sull’amore e sul rispetto reciproco.

La famiglia è il luogo in cui l’amore di Dio si manifesta attraverso la relazione tra marito, moglie e figli. I genitori sono chiamati a essere collaboratori di Dio nel dare la vita e nell’educare i propri figli, trasmettendo loro i valori cristiani e la fede. La famiglia, dunque, diventa un microcosmo della comunità ecclesiale, dove si sperimenta l’amore di Dio in modo concreto e quotidiano.

Il Sacramento del Matrimonio

Nel cristianesimo, il matrimonio è considerato un sacramento, cioè un segno visibile della grazia invisibile di Dio. Attraverso questo sacramento, i coniugi sono chiamati a vivere la loro unione come segno dell’amore di Cristo per la Chiesa. Nella Lettera agli Efesini, San Paolo scrive: “Mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Efesini 5:25). Questo amore è sacramentale, perché riflette l’amore di Dio per l’umanità, un amore che è totale, gratuito, fedele e fecondo.

La fecondità è un altro aspetto fondamentale della famiglia secondo il volere di Dio. Nel matrimonio, l’amore tra marito e moglie è aperto alla vita, seguendo il comandamento divino di “crescere e moltiplicarsi” (Genesi 1:28). I figli sono considerati un dono prezioso, un segno della benedizione di Dio e un prolungamento dell’amore coniugale. L’educazione dei figli non è solo un compito materiale, ma anche spirituale: i genitori sono chiamati a trasmettere la fede e i valori morali, educando i loro figli a essere buoni cristiani e cittadini.

Il ruolo dei genitori

Secondo il volere di Dio, i genitori hanno una missione particolare all’interno della famiglia. Essi sono chiamati a essere i primi educatori dei loro figli, non solo insegnando loro le competenze per la vita, ma soprattutto guidandoli spiritualmente. Nelle Scritture, il libro dei Proverbi dice: “Insegna al ragazzo la via da seguire, ed egli non se ne allontanerà nemmeno da vecchio” (Proverbi 22:6). Questo sottolinea l'importanza di fornire una base solida di fede e valori morali sin dalla giovane età.

I genitori cristiani sono chiamati a vivere il loro ruolo con responsabilità, aiutando i figli a riconoscere la presenza di Dio nella loro vita e a seguire il suo volere. La preghiera in famiglia, la partecipazione alla vita della Chiesa e l’insegnamento delle Scritture sono elementi fondamentali per mantenere viva la fede all’interno della famiglia e garantire una crescita spirituale armoniosa.

La famiglia come Chiesa domestica

Nella visione cristiana, la famiglia è spesso definita come "Chiesa domestica". Questo significa che ogni famiglia cristiana è chiamata a essere un luogo di fede, amore e servizio, riflettendo in piccolo quello che la Chiesa rappresenta a livello universale. La Chiesa domestica è il primo ambiente in cui si sperimenta la presenza di Dio e in cui si coltivano le virtù cristiane, come l’amore, la pazienza, la generosità e il perdono.

Come Chiesa domestica, la famiglia non è solo un luogo di crescita individuale, ma anche un luogo di missione. I membri della famiglia sono chiamati a testimoniare l’amore di Dio nel mondo, vivendo il Vangelo nelle loro relazioni quotidiane e impegnandosi nel servizio agli altri. In questo senso, la famiglia è una piccola comunità di fede che contribuisce alla costruzione del Regno di Dio nella società.

La sfida della famiglia oggi

Nella società contemporanea, la famiglia secondo il volere di Dio si trova di fronte a molte sfide. Le pressioni sociali, economiche e culturali possono minare i valori tradizionali della famiglia, rendendo più difficile vivere il progetto divino nel mondo moderno. Tuttavia, la Chiesa continua a sostenere e incoraggiare le famiglie a rimanere fedeli alla loro vocazione, offrendo sostegno spirituale e risorse pratiche per affrontare le difficoltà.

Inoltre, la famiglia cristiana è chiamata a essere un segno di speranza e di unità in un mondo frammentato. Vivere l'amore di Dio nelle relazioni familiari non solo fortifica i legami interni, ma offre anche una testimonianza potente all’esterno, mostrando che è possibile costruire una società basata sull’amore e sulla solidarietà.

Conclusione

La famiglia, secondo il volere di Dio, è molto più che un'unità sociale: è un luogo sacro in cui l'amore, la vita e la fede si intrecciano per realizzare il progetto divino. Attraverso il sacramento del matrimonio, la famiglia diventa una riflessione dell'amore di Dio per l’umanità, offrendo una testimonianza concreta del Vangelo. In un mondo sempre più complesso, la famiglia cristiana è chiamata a rimanere un punto fermo, vivendo il progetto divino con fedeltà e trasmettendo la luce dell'amore di Dio alle future generazioni.

Ore 10.00 Accoglienza
Ore 10.30 Incontro: “la nostra famiglia: punto di partenza o di arrivo?”.
11.30: Confronto in gruppi
12.00 S. Messa in Santuario
13.00 Pranzo insieme (la pasta è offerta dalla comunità dei padri e delle suore)
15.00 Condivisione e preghiera finale

[NB. per il bambini è prevista la presenza di giovani animatori.

I ritiri sono aperti a giovani e adulti che abbiano il desiderio di vivere momenti di riflessione, condivisione e relazioni fraterne in un contesto di particolare bellezza quale il Santuario N.S. di Fatima - San Vittorino

Il Vangelo di Luca ha delle caratteristiche particolari che lo differenziano in modo sostanziale dagli altri tre scritti che raccontano la vita di Gesù.

Come possiamo leggere dalle prime righe, Luca scrive con l'intenzione di fornire una narrazione ordinata che dimostri la dondatezza dei fatti raccontati. Luca scrive con l'attitudine dello storico e riporta in maniera lineare tanti dettagli che gli altri autori dei Vangeli tralasciano. Il suo obiettivo chiaro sin dall'inizio è il presentare in maniera quasi pragmatica l'unica persona che può salvare l'umanità, ovvero Gesù, il Figlio di Dio.Interessante notare che scrive a un certo Teofilo, al quale indirizzerà anche lo scritto degli Atti. Teofilo è un nome greco che si potrebbe tradurre con "amico di Dio", oppure " colui che ama Dio": per estensione possiamo dire che gli scritti di Luca sono diretti a tutti coloro che cercano Dio e vogliono entrare in relazione con Lui.

Luca, medico di professione ed evangelista per chiamata, fu amico e compagno di viaggio dell’apostolo Paolo. Come uomo di scienza, però non nega il miracolo, anzi si inchina davanti all’onnipotenza del Signore e ci presenta il mistero del concepimento sovrannaturale di Gesù in Maria, per opera dello Spirito Santo. Il suo Vangelo è proprio quello che riporta il maggior numero di guarigioni operate dal divino Medico.

.Consideriamo adesso il contenuto di questo Vangelo.

Il Vangelo di Luca è ricco di dettagli che non troviamo negli altri Vangeli: solo per ricordarne alcuni, vi troviamo le circostanze del concepimento e della nascita di Giovanni il Battista e del Messia Gesù, nonché della fanciullezza di Gesù (capitoli 1-2), l’episodio della peccatrice pentita che precede la parabola dei due debitori (7:36-50), la parabola del buon samaritano (10:25-37), quella del ricco stolto (12:13-21), del gran convito (14:15-24), di colui che, perduto, viene ritrovato (15:1-32), del fattore infedele (16:1-17), del giudice iniquo (18:1-8), del fariseo e del pubblicano che vanno al tempio a pregare (18:9-14). Citiamo infine il colloquio avvenuto sulla via di Emmaus (24:13-35) e il racconto dell’ascensione (24:50-53).

 13 Ottobre 2024

La Tematica del Ritiro sarà il Vangelo di Luca

Ore 10,15 Conferenza spirituale Sala del Rosario
Adorazione Eucaristica e confessioni
Ore 13.00 Pranzo al sacco
Ore 14.30 Santo Rosario
Ore 15.30 Gruppi di condivisione
Ore 16.30 Assemblea conclusiva

Il Rosario della Vergine Maria, sviluppatosi gradualmente nel secondo Millennio al soffio dello Spirito di Dio, è preghiera amata da numerosi Santi e incoraggiata dal Magistero. Nella sua semplicità e profondità, rimane, anche in questo terzo Millennio appena iniziato, una preghiera di grande significato, destinata a portare frutti di santità. Essa ben s'inquadra nel cammino spirituale di un cristianesimo che, dopo duemila anni, non ha perso nulla della freschezza delle origini, e si sente spinto dallo Spirito di Dio a « prendere il largo » (« duc in altum! ») per ridire, anzi 'gridare' Cristo al mondo come Signore e Salvatore, come « la via, la verità e la vita » (Gv 14, 6), come « traguardo della storia umana, il fulcro nel quale convergono gli ideali della storia e della civiltà ».(Rosarium Virginis Marie)

La preghiera del Santo Rosario è al cuore dei messaggi che la Madonna ha trasmesso ai tre pastorelli portoghesi nelle sue apparizioni nel 1917.

Nel contesto delle apparizioni di Fatima nel 1917, la preghiera del Santo Rosario emerge come un elemento centrale nei messaggi che la Madonna ha trasmesso ai tre pastorelli: Lucia, Francisco e Giacinta Questi eventi, che hanno segnato profondamente la spiritualità cattolica, non solo hanno richiamato l’attenzione sul valore della preghiera, ma hanno anche sottolineato l'importanza della devozione mariana.

Le apparizioni di Fatima si sono svolte tra maggio e ottobre 1917, in un periodo caratterizzato da tensioni politiche e sociali, soprattutto in Europa. La Madonna si è manifestata ai pastorelli per incoraggiarli a pregare e a convertire i cuori. Durante queste apparizioni, ha esortato i bambini a diffondere il messaggio della pace, della penitenza e della preghiera, invitandoli a rivolgersi a Dio attraverso il Rosario.

-13 maggio: “Recitate il Rosario tutti i giorni, per ottenere la pace per il mondo e la fine della guerra”

-13 giugno: “Voglio che continuiate a recitare il Rosario tutti i giorni”.

-13 luglio: “Voglio che continuiate a recitare il Rosario tutti i giorni in onore di Nostra Signora del Rosario, per ottenere la pace del mondo e la fine della guerra, perché soltanto così Ella lo potrà aiutare. Quando recitate il Rosario, dite alla fine di ogni decina: ‘O Gesù, perdona le nostre colpe; preservaci dal fuoco dell’inferno; porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia’”.

-19 agosto: “Voglio che continuiate a dire il Rosario tutti i giorni”.

-13 settembre: “Continuate a recitare il Rosario per ottenere la fine della guerra”.

-13 ottobre: “Io sono la Madonna del Rosario, che continuino a recitare la Corona tutti i giorni”.

La preghiera del rosario, con la sua struttura di preghiere ripetitive e meditazioni sui misteri della vita di Cristo e della Vergine Maria, offre un momento di riflessione profonda e di connessione spirituale. La Madonna ha raccomandato questa pratica come mezzo per affrontare le sfide del mondo, per chiedere la conversione dei peccatori e per invocare la pace nel mondo.

La ripetizione delle Ave Maria, accompagnata dalla meditazione sui misteri, permette di entrare in un dialogo intimo con Dio. La Madonna ha sottolineato l'importanza di questa preghiera non solo per la propria vita spirituale, ma anche per il bene dell'umanità.

Tra i messaggi chiave della Madonna a Fatima, l'invito alla preghiera è stato accompagnato da un forte richiamo alla penitenza e alla conversione. Il Rosario diventa quindi un atto di amore, un modo per offrire al Signore le proprie tribolazioni e le proprie speranze. La Madonna ha chiarito che, attraverso la preghiera, è possibile intercedere per gli altri e contribuire a portare la luce di Dio nelle tenebre del mondo. «Recitate il Rosario tutti i giorni per ottenere la pace per il mondo e la fine della guerra» (Fatima 13 Maggio 1917)

Lucia, Francisco e Jacinta hanno vissuto intensamente gli insegnamenti ricevuti dalla Madonna. I due più giovani, Francisco e Jacinta, hanno abbracciato la penitenza e la preghiera del Rosario con fervore. La loro vita è diventata un esempio luminoso di dedizione e fede, dimostrando come anche i più piccoli possano avere un grande impatto nel mondo spirituale.

La preghiera del Santo Rosario, come suggerito dalla Madonna a Fatima, rimane un faro di speranza e un potente strumento di intercessione. In un mondo spesso caotico e incerto, questo semplice atto di fede continua a richiamare milioni di persone verso una vita di preghiera, riflessione e pace. Rivolgerci a Maria attraverso il Rosario significa riscoprire la bellezza di una fede viva e operante, capace di trasformare i cuori e di illuminare il cammino verso Dio.

 La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile. Il volto del Figlio le appartiene a titolo speciale. È nel suo grembo che si è plasmato, prendendo da Lei anche un'umana somiglianza che evoca un'intimità spirituale certo ancora più grande. Alla contemplazione del volto di Cristo nessuno si è dedicato con altrettanta assiduità di Maria. Gli occhi del suo cuore si concentrano in qualche modo su di Lui già nell'Annunciazione, quando lo concepisce per opera dello Spirito Santo; nei mesi successivi comincia a sentirne la presenza e a presagirne i lineamenti. Quando finalmente lo dà alla luce a Betlemme, anche i suoi occhi di carne si portano teneramente sul volto del Figlio, mentre lo avvolge in fasce e lo depone nella mangiatoia (cfr Lc 2, 7).

Da allora il suo sguardo, sempre ricco di adorante stupore, non si staccherà più da Lui. Sarà talora uno sguardo interrogativo, come nell'episodio dello smarrimento nel tempio: « Figlio, perché ci hai fatto così? » (Lc 2, 48); sarà in ogni caso uno sguardo penetrante, capace di leggere nell'intimo di Gesù, fino a percepirne i sentimenti nascosti e a indovinarne le scelte, come a Cana (cfrGv2, 5); altre volte sarà uno sguardo addolorato, soprattutto sotto la croce, dove sarà ancora, in certo senso, lo sguardo della 'partoriente', giacché Maria non si limiterà a condividere la passione e la morte dell'Unigenito, ma accoglierà il nuovo figlio a Lei consegnato nel discepolo prediletto (cfr Gv 19, 26-27); nel mattino di Pasqua sarà uno sguardo radioso per la gioia della risurrezione e, infine, uno sguardo ardente per l'effusione dello Spirito nel giorno di Pentecoste (cfr At 1, 14).

 

 

Ci sarà idealmente tutto il popolo mondiale della pace insieme con il Papa, nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, domenica pomeriggio alle 17, a recitare il Rosario. Iniziativa straordinaria annunciata da Francesco mercoledì scorso nella Messa di apertura del Sinodo. Cui si aggiunge la giornata di lunedì 7 ottobre dedicata al digiuno e alla preghiera (senza particolari eventi), nell’anniversario della inumana strage perpetrata da Hamas ai danni dei cittadini israeliani, tra i quali anche molti bambini.

Tutti gli occhi, dunque, saranno puntati sull’icona dalla Salus Populi Romani nella Basilica liberiana cara al Pontefice, per invocare che cessi il fragore delle armi. A cominciare dagli occhi dei partecipanti al Sinodo, che si uniranno al Vescovo di Roma, raccogliendo così il suo invito a pregare insieme in questo momento così preoccupante. «Per invocare dall'intercessione di Maria Santissima il dono della pace - aveva annunciato papa Bergoglio mercoledì scorso -, domenica prossima (oggi per chi legge, ndr) mi recherò nella Basilica di Santa Maria Maggiore dove reciterò il santo Rosario e rivolgerò alla Vergine un’accorata supplica; se possibile, chiedo anche a voi, membri del Sinodo, di unirvi a me in quell’occasione. E, il giorno dopo, 7 ottobre, chiedo a tutti di vivere una giornata di preghiera e di digiuno per la pace nel mondo». «Fratelli e sorelle - aveva aggiunto nel corso dell'omelia - riprendiamo questo cammino ecclesiale (cioè il Sinodo, ndr) con uno sguardo rivolto al mondo, perché la comunità cristiana è sempre a servizio dell’umanità, per annunciare a tutti la gioia del Vangelo. Ce n’è bisogno, soprattutto in quest’ora drammatica della nostra storia, mentre i venti della guerra e i fuochi della violenza continuano a sconvolgere interi popoli e nazioni».

Il Papa ha ricevuto Raphael Bedros XXI Minassian, patriarca di Cilicia degli Armeni in Libano. Nel frattempo il tema della pace è risuonato più volte nell’Aula Paolo VI in Vaticano dove è in corso l’assemblea sinodale. E ieri se n’è avuta conferma anche nel corso del briefing giornaliero in Sala Stampa. Particolarmente toccante la testimonianza di Mounir Khairallah, vescovo di Batrun dei Maroniti (Libano), cui alcuni uccisero madre e padre quando aveva cinque anni, lasciandolo orfano insieme ad altri tre fratelli e sorelle dai due ai sei anni. Le sue sono state però parole di perdono. Un perdono insegnatogli da una zia religiosa, che accolse in convento i quattro nipotini. «Ci disse: “Non preghiamo tanto per i vostri genitori, sono martiri presso Dio; preghiamo piuttosto per quello che li ha assassinati e cercate di perdonare nel corso della vostra vita. Così sarete i figli del vostro Padre che è nei cieli”». «Noi libanesi - ha aggiunto il vescovo - vogliamo sempre condannare l’odio, la vendetta, la violenza. Vogliamo costruire la pace. Siamo capaci di farlo. La guerra ci è stata imposta, ma il Libano è un “Paese-messaggio”, come diceva sempre san Giovanni Paolo II. Un Paese messaggio di convivialità, di libertà, di democrazia, di vita nel rispetto delle diversità. Anche papa Francesco è convinto di questo». Il Libano «è un messaggio di pace e dovrebbe restare un messaggio di pace - ha proseguito il presule -. È l’unico Paese nel Medio Oriente dove possono vivere insieme cristiani, musulmani, ebrei, nel rispetto delle loro diversità, in una nazione che è una “nazione modello”, come diceva papa Benedetto XVI. Noi libanesi vogliamo sempre condannare l’odio, la vendetta, la violenza. Vogliamo costruire la pace. Siamo capaci di farlo». Quanto alla stretta attualità, il vescovo ha rimarcato: «Purtroppo il mondo tace oppure dà il semaforo verde a tutte queste violenze perché ci sono troppi interessi politici ed economici. Ma nonostante tutto quello che succede - 50 anni di guerra cieca, selvaggia -, noi come popoli di tutte le culture di tutte le confessioni, vogliamo la pace. Lasciamo da parte i nostri politici, i nostri e quelli del mondo, le grandi potenze: loro fanno i loro interessi sulla nostra pelle. Però noi come popoli non vogliamo tutto questo: lo rifiutiamo. Verrà il giorno che avremo l’occasione di dire la nostra parola al mondo intero: basta con questa vendetta, con questo odio, con queste guerre. Lasciateci costruire la pace almeno per i nostri bambini».

La voce del vescovo libanese non è isolata. Anche l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, che è a Roma per il Sinodo e che pregherà con il Papa per la pace, ai media vaticani ricorda: «È già il terzo anno che viviamo nel contesto di questa orribile guerra che il Papa ha chiamato “sacrilega”, e “blasfema”. Oggi, come diceva san Paolo, siamo diventati uno spettacolo per il mondo che guarda la tragedia dell’Ucraina e non sa cosa fare con questa tragedia».

Un appello urgente per la pace da parte di tutto il Sinodo è emerso venerdì pomeriggio. I partecipanti all’assise, come riferito nel briefing, hanno condannato «tutti i fondamentalismi: e la causa principale di tutti i mali», ovvero il commercio di armi. «Ogni volta che parte un missile, qualcuno si arricchisce». Una sottolineatura che spesso ritorna anche nelle parole del Papa. (Avvenire Mimmo Muolo sabato 5 ottobre 2024)

Sante Messe ore 8.30 - 10.00 - 18.00
Rosario 9.00 - 10.30 - 17.30
Adorazione Eucaristica 10.30 / 12.00 -15.30 / 18.00

«Chi veglia, nella notte del dubbio e dell’incertezza, con il cuore desto in preghiera? Chi aspetta l’alba del nuovo giorno, tenendo accesa la fiamma della fede?». Benedetto XVI

L’ultima apparizione della Madonna a Fátima avvenne il 13 ottobre 1917, segnando uno degli eventi più significativi e documentati nella storia delle apparizioni mariane. Questo fenomeno ebbe luogo a Fátima, un piccolo villaggio portoghese, dove, a partire dal 13 maggio dello stesso anno, tre pastorelli – Lucia dos Santos e i suoi cugini Francisco e Jacinta Marto – riferirono di aver visto più volte la Madonna, che essi descrivevano come "una Signora più splendente del sole".

Il contesto delle apparizioni

Le apparizioni di Fatima iniziarono nel pieno della Prima Guerra Mondiale, in un periodo di grande instabilità politica e sociale in Europa. Il Portogallo, come molte altre nazioni, era segnato dalla guerra, dalla povertà e da un crescente laicismo, fattori che contribuirono a creare un clima di tensione.

In questo contesto, i tre giovani pastorelli riferirono di avere visioni celesti che richiamavano la conversione, la preghiera e la penitenza come mezzi per riportare pace e fede nel mondo. Secondo il racconto dei bambini, la Madonna apparve loro sei volte, tra maggio e ottobre del 1917, chiedendo loro di pregare il Rosario ogni giorno per ottenere la fine della guerra e promettendo loro che nell’ultima apparizione si sarebbe manifestato un grande miracolo.

L’evento del 13 ottobre 1917

L’apparizione del 13 ottobre 1917 è nota per essere stata accompagnata dal cosiddetto "Miracolo del Sole". Quel giorno, una folla di circa 70.000 persone si era radunata nella Cova da Iria, una valle vicina a Fátima, attratta dalle voci che annunciavano un segno miracoloso. Il giorno era piovoso e il terreno era fangoso, ma intorno a mezzogiorno, secondo i testimoni, la pioggia cessò improvvisamente e il sole iniziò a "danzare" nel cielo, compiendo movimenti irregolari e cambiando colore, dando l'impressione di precipitare verso la terra prima di tornare al suo posto normale. L'evento fu osservato da persone di diversa estrazione sociale e culturale, credenti e non credenti, e fu documentato da giornalisti e fotografi presenti sul posto. E la Madonna del Rosario si congeda, per l’ultima volta, dai suoi tre confidenti. La visione è più splendente del sole! Mentre i fanciulli contemplano estatici, ha inizio il miracolo annunciato: stupendo come nessuno avrebbe osato sperare.

Il messaggio di Fatima
Durante le apparizioni, la Madonna trasmise ai tre bambini un messaggio diviso in tre parti, conosciuto come il "Segreto di Fatima". Le prime due parti riguardavano la visione dell'inferno e la richiesta di consacrare la Russia al suo Cuore Immacolato, al fine di prevenire guerre e persecuzioni della Chiesa. La terza parte, inizialmente non rivelata, fu resa pubblica solo nel 2000 e conteneva una visione simbolica di un attentato contro un "vescovo vestito di bianco", interpretato come un riferimento all’attentato contro Papa Giovanni Paolo II nel 1981. Ogni apparizione mariana ha in genere un messaggio fondamentale che la Beata Madre rivela ai veggenti. Ad esempio, quello di Nostra Signora di Fatima a tre pastorelli nel 1917 potrebbe essere riassunto in preghiera, penitenza e riparazione.

L’eredità di Fatima
Le apparizioni di Fátima hanno lasciato un segno profondo nella spiritualità cattolica e hanno dato origine a un movimento di preghiera e devozione mariana che si è diffuso in tutto il mondo. La Madonna di Fátima è venerata come simbolo di pace e speranza, e il Santuario di Fátima è oggi una delle principali mete di pellegrinaggio internazionale. Il significato delle apparizioni è stato riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa cattolica nel 1930, e nel 2017, nel centenario delle apparizioni, Papa Francesco ha canonizzato i due pastorelli Francisco e Jacinta, elevandoli a modello di santità per i fedeli di tutto il mondo. Le apparizioni di Fátima, e in particolare l'evento del 13 ottobre, continuano a essere una fonte di fede e ispirazione, invitando alla preghiera, alla conversione e alla ricerca della pace nel mondo.

«Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l’umanità sin dai suoi primordi: “Dov’è Abele, tuo fratello? […] La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!” (Gen 4, 9). L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo… (Benedetto XVI)

Dio è sempre alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini, e tanto più lo fa qui, a Fatima, servendosi di tre piccoli fanciulli. Quando la Madonna domanda: “Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, come atto di riparazione per i peccati con cui è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?” (Memorie di Suor Lucia, I, 162)».

Ai giornalisti, sull’aereo in volo da Roma a Lisbona, rispondendo a una domanda sul terzo segreto e sulla possibilità di inserire nella visione della Chiesa perseguitata anche le sofferenze della Chiesa di oggi a causa di innumerevoli peccati, Benedetto XVI disse: «Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio è anche che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo lo vediamo sempre ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione alla Chiesa non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa. E che la Chiesa ha quindi profondo bisogno di riparazione, la penitenza, accettare la purificazione, imparare il perdono ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia. Dobbiamo imparare proprio questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza, le virtù teologali e che il male attacca anche dall’interno, ma che sempre anche le forze del bene sono presenti e che finalmente il Signore è più forte del male e la Madonna per noi è la garanzia. La bontà di Dio è sempre l’ultima risposta della storia». (Benedetto XVI – Vatican va)

Con la famiglia umana pronta a sacrificare i suoi legami più santi sull’altare di gretti egoismi di nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo, è venuta dal Cielo la nostra Madre benedetta offrendosi per trapiantare nel cuore di quanti le si affidano l’Amore di Dio che arde nel suo. In quel tempo erano soltanto tre, il cui esempio di vita si è diffuso e moltiplicato in gruppi innumerevoli per l’intera superficie della terra, in particolare al passaggio della Vergine Pellegrina, i quali si sono dedicati alla causa della solidarietà fraterna. Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità. (Fonte: vatican.va)

Nel nostro tempo, in cui la fede in ampie regioni della terra rischia di spegnersi come una fiamma che non viene più alimentata, la priorità al di sopra di tutte è rendere Dio presente in questo mondo ed aprire agli uomini l’accesso a Dio. Non a un dio qualsiasi, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; quel Dio il cui volto riconosciamo nell’amore portato fino alla fine (cfr. Gv 13, 1), in Gesù Cristo crocifisso e risorto”. Benedetto XV

Il messaggio di Fatima “illumina la fede, la vita della chiesa e la storia del mondo” ( Cardinale Angelo Bagnasco)

E che la luce della speranza mai si spenga nei cuori. Che ogni passo verso la giustizia e la fraternità sia sostenuto dall'amore e dalla compassione. La Vergine di Fatima vegli su di noi, guidandoci verso un mondo dove regnano la pace, la comprensione e la vera unità. Che le divisioni si dissolvano e, finalmente, l'umanità si ritrovi unita sotto un unico cielo di pace e fede.

"Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.  Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Gv 15,9-11"

Dal mio primo incontro personale con Gesù la Gioia è diventata il segno distintivo della sua presenza nella mia vita.

Era il 13 febbraio del 2003 e mi trovavo a Calcutta per realizzare un sogno nato negli anni dell’adolescenza. Ero alla ricerca del mio modo unico e irrepitibile di Amare. Ci è voluto parecchio tempo e Dio ha dovuto più volte “ricalcolare” il mio percorso. Ho dovuto riconoscere i desideri veri e questo anche grazie ad una comunità parrocchiale viva, quella di San Bernardo di Chiaravalle. Finalmente l’arrivo tra le Suore Oblate di Maria Vergine di Fatima. Gesù mi ha detto che con loro e tra loro l’avrei sempre trovato. Con loro e tra loro posso offrire la mia vita per i giovani e morire ogni giorno per portare frutti di vita eterna. Oggi sono qui e Lui continua a dire il suo Si alla mia vita e io e sto per dire il mio Si per sempre al suo Amore che mai si è stancato di accompagnarmi e aspettarmi. Lui è “l’amato del mio cuore”. Il mio grazie per questa vita vissuta con Lui e offerta per i giovani è senza fine. Sr. Maria Valentina Azzone

Sabato 12 ore 20.30 - Veglia di preghiera vocazionale
Domenica 13 ore 10.30 Professione perpetua nella celebrazione Eucaristica presieduta da S.E. mons. Pietro Fragnelli  Vescovo di Trapani e dal Rettor maggiore degli Oblati Padre Luis Costantino

Luogo: Cova da Iria,

Data: 13 ottobre 1917

Persone presenti: tra 50000 e 70000

«- Cosa vuole da me?
- Voglio dirti che facciano qui una cappella in Mio onore; che sono la Madonna del Rosario; che continuino sempre a dire il rosario tutti i giorni. La guerra finirà [a breve] e i soldati torneranno presto alle loro case.
- Io avrei molte cose da chiederLe: se cura dei malati e se converte alcuni peccatori, ecc.
- Alcuni, sì; altri, no. Devono emendarsi; chiedano perdono dei loro peccati.
E prendendo un aspetto più triste:
- Non offendano più Dio Nostro Signore, che è già molto offeso. {Se il popolo si corregge finisce la guerra, altrimenti, se non si corregge, finisce il mondo.}
[- Desidera ancora qualche cosa da me?
- No non voglio più niente].
E aprendo le mani, le fece riflettere nel sole; e mentre si elevava, il riflesso della Sua stessa luce continuava a proiettarsi nel sole.
[...]
Sparita la Madonna nell’immensa distanza del firmamento vedemmo, accanto al sole, S. Giuseppe col Bambino e la Madonna, vestita di bianco, con un manto azzurro. San Giuseppe e il Bambino sembravano benedire il mondo, con alcuni gesti in forma di croce tracciati con la mano. Poco dopo, svanita quest’apparizione, vidi il Signore e la Madonna, che mi pareva la Madonna Addolorata. Il Signore sembrava benedire il mondo, nello stesso modo di S. Giuseppe. Sparì questa visione, e mi parve di veder di nuovo la Madonna, con aspetto simile alla Madonna del Carmine.»

Memorie di Suor Lucia, p. 177 (IV Memoria); la sezione entro le parentesi quadre fa parte dell’interrogatorio del parroco, del 16 ottobre 1917, in Documentação Crítica de Fátima. I, p. 24 e la sezione entro le parentesi graffe dell’interrogatorio del Dr. Formigão, in Documentação Crítica de Fátima. I, p. 142.

Ore 21.00 Narrativa dell'Apparzione
Fiaccolata mariana per le vie del Borgo di San Vittorino
Santa Messa

Le suore Oblate di Maria Vergine di Fatima con gioia annunciano la Professione perpetua di suor Valentina Azzone.

La celebrazione avraà luogo presso il Santuario N.S. di Fatima - San Vittorino il 13 Ottobre alle ore 10.30 
Presiede la Celebrazione S.E.mons. Pietro Fragnelli Vescovo di Trapani

La professione perpetua è segno dell'unione indissolubile di Cristo con la Chiesa sua sposa. Si l'importanza vitale di questo momento, chiedendo a Dio la grazia della perseveranza sino alla fine.

Il Valore della Professione Perpetua Religiosa

La professione perpetua è uno dei momenti più significativi e solenni nella vita di una religiosa. Essa rappresenta la consacrazione definitiva della propria vita a Dio, attraverso la Chiesa, in una scelta libera e consapevole che abbraccia tutta l'esistenza. Questo impegno, vissuto in comunione con Cristo e la Chiesa, incarna l’unione indissolubile con Cristo, lo Sposo della Chiesa, e porta con sé una serie di valori spirituali, ecclesiali e personali di grande importanza.

Unione con Cristo e la Chiesa

La professione perpetua è, innanzitutto, un segno tangibile e potente dell'unione indissolubile tra Cristo e la sua Chiesa. Attraverso i voti di povertà, castità e obbedienza, la religiosa si configura sempre più a Cristo, il quale ha vissuto pienamente queste virtù. La scelta di vivere per sempre in castità testimonia un amore esclusivo e totale per Dio, un cuore indiviso che si dona completamente a Lui. La povertà, intesa non solo come distacco dai beni materiali ma come totale affidamento alla Provvidenza divina, richiama la scelta di Cristo di vivere in povertà per annunciare il Regno di Dio. Infine, l’obbedienza diventa un atto di fiducia, imitazione e comunione con Cristo che ha obbedito fino alla morte di croce.

Attraverso questi voti, la religiosa non si isola dal mondo, ma al contrario, si fa più vicina a Dio per servire la Chiesa e il mondo stesso. La sua vita consacrata è una testimonianza vivente della presenza di Dio, un segno visibile della realtà del Regno di Dio già presente e operante nel mondo.

La Grazia della Perseveranza

Ogni anno, le suore rinnovano i loro voti, chiedendo a Dio la grazia della perseveranza fino alla fine. La perseveranza è una grazia indispensabile per coloro che hanno scelto di dedicare tutta la loro vita a Dio. È un dono che non può essere raggiunto solo con le proprie forze umane, ma richiede un costante abbandono fiducioso alla grazia divina. In un mondo in continuo cambiamento, dove l’impegno a lungo termine è spesso visto con scetticismo, la fedeltà alla professione perpetua rappresenta un segno profetico della stabilità e della verità del legame con Dio.

Il rinnovo annuale dei voti diventa un’occasione preziosa per rivivere con freschezza e profondità il significato della consacrazione, ricordando che la vocazione religiosa è un cammino che richiede una continua conversione del cuore. Questo atto è anche un invito a riflettere sulla propria vita di fede, chiedendo a Dio la forza di rimanere fedeli fino alla fine.

Il Significato Ecclesiale

La professione perpetua non riguarda solo la persona che la pronuncia, ma coinvolge tutta la comunità ecclesiale. La Chiesa, attraverso la consacrazione religiosa, riconosce la chiamata di Dio nella vita di quella persona e l'accoglie come segno di speranza e di testimonianza per tutti i fedeli. Le religiose, infatti, con la loro vita dedicata, diventano un segno luminoso della santità alla quale tutti i cristiani sono chiamati, ciascuno secondo la propria vocazione.

La comunità religiosa e quella ecclesiale sono chiamate a sostenere e accompagnare coloro che hanno compiuto questa scelta, affinché possano vivere la loro vocazione con gioia e fedeltà. Le suore consacrate sono una benedizione per la Chiesa e un modello di vita cristiana vissuta radicalmente.

Una Vita Donata a Dio per il Bene del Mondo

La professione perpetua non è una rinuncia fine a sé stessa, ma un dono totale a Dio per il bene del mondo. La vita delle religiose, vissuta in preghiera, servizio e sacrificio, è un contributo inestimabile alla missione della Chiesa. Attraverso il loro servizio negli ospedali, nelle scuole, nelle missioni o nella cura dei più deboli e sofferenti, esse testimoniano la carità di Cristo in modo concreto e quotidiano.

In un mondo dove spesso il valore della vita è misurato in base a criteri di utilità o successo, la professione perpetua richiama con forza la verità profonda che la vita trova il suo senso più alto nell’amore e nella donazione agli altri.

Conclusione

La professione perpetua religiosa è un atto di grande valore spirituale ed ecclesiale. Essa rappresenta la fedeltà di Dio e la risposta dell'uomo a questa fedeltà, un cammino di santità che diventa segno di speranza per tutta la Chiesa e il mondo. Le suore, con il loro impegno quotidiano, ricordano a tutti che l’amore di Dio è fedele e che, attraverso la sua grazia, è possibile perseverare nel bene fino alla fine.

 

..Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue.1Cor 12,12-14.27-31a

La vocazione non è soltanto una missione o un compito da adempiere nella vita; è innanzitutto una questione di identità. Prima di diventare un impegno verso Dio o una particolare missione, la vocazione è la scoperta e l'accettazione della propria autentica identità. È un percorso interiore che guida ogni persona verso la realizzazione di chi è veramente chiamata a essere. La vocazione religiosa, in particolare, rappresenta un percorso di vita dedicato alla fede, alla preghiera e al servizio degli altri. È una chiamata divina che invita gli individui a consacrare la propria vita a Dio e alla comunità. E' un dono prezioso che arricchisce la Chiesa e la società. Coloro che rispondono a questa chiamata dedicano la loro vita a servire Dio e gli altri, vivendo secondo i valori del Vangelo e testimoniando l’amore di Cristo nel mondo, percorrendo un cammino di fede, sacrificio e gioia, che porta a una profonda realizzazione spirituale e umana. Essa non è semplicemente una scelta di vita, ma una risposta a una chiamata interiore percepita come proveniente da Dio. Questa chiamata può manifestarsi in vari modi, attraverso momenti di preghiera, riflessione personale o esperienze di vita che portano a una profonda consapevolezza della propria missione spirituale. In realtà tutti i battezzati sono chiamati ad una vita di fede; se poi è vero che nella vita religiosa c'è uno spazio più ampio per la preghiera, nondimeno anche un battezzato non può fare un cammino spirituale senza la preghiera. Ciò che differenzia il religioso da un laico sono i consigli evangelici, la vita fraterna in comunità. I voti rappresentano un impegno totale e radicale a vivere secondo gli insegnamenti di Cristo, rinunciando ai beni materiali, vivendo in purezza di cuore e mente, e obbedendo alla volontà di Dio e della comunità religiosa.
In questo senso, la vocazione non è qualcosa che si acquisisce esternamente, ma è una rivelazione di ciò che già esiste dentro di noi. È una chiamata a vivere in modo autentico, a essere fedeli alla propria natura più profonda e alle inclinazioni che Dio ha posto nel cuore di ciascuno. In altre parole, la vocazione è la risposta alla domanda: "Chi sono io davvero?" e implica una scoperta del proprio scopo intrinseco e del modo in cui si è stati creati per esprimere la propria unicità.
Da qui emerge il ruolo fondamentale del discernimento. Il discernimento vocazionale è un processo cruciale per chi sente la chiamata alla vita religiosa. Questo percorso include momenti di preghiera, consulenza spirituale e, spesso, un periodo di formazione in un seminario o in una comunità religiosa. Durante questo tempo, l’individuo esplora la propria fede, i propri valori e la propria capacità di vivere secondo i voti religiosi. In definitiva la vocazione è una chiamata interiore che spinge la persona a vivere in armonia con il proprio vero io. Quando si risponde a questa chiamata, si entra in una dimensione di autenticità e realizzazione. Per molte persone, questa risposta implica un impegno verso una particolare missione nella vita, che può includere la consacrazione religiosa nelle sue varie forme, il lavoro nel mondo o una vita dedicata alla famiglia o alla comunità. In ogni caso, la vocazione vera è quella che risuona con il cuore e l’anima della persona, portandola a vivere in modo pieno e soddisfacente. Quando una persona trova e accetta la propria vocazione, sperimenta un senso di pienezza e realizzazione che trascende le mere conquiste materiali o sociali. Ogni vocazione realizzata infonde significato e direzione alla vita quotidiana, guidando le scelte e le azioni verso un obiettivo più grande. Inoltre, vivere secondo la propria vocazione porta a una maggiore armonia interiore e a una relazione più profonda con gli altri e con Dio. In sintesi, la vocazione è un cammino di scoperta e realizzazione della propria identità autentica. È una chiamata a essere chi si è veramente destinati a essere, piuttosto che a perseguire obiettivi esterni o conformarsi alle aspettative altrui.
Rispondere a questa chiamata significa vivere in modo vero e pieno, allineando la propria vita con il senso più profondo e la missione che Dio ha posto nel cuore di ciascuno. La vocazione è allora un dono di Dio che diventa “mistero” inteso nel senso cristiano. Infatti, la vocazione è un mistero di fede e di amore di Dio. Ogni vocazione è un atto unico e irripetibile dell’amore di Dio, che incontra la persona per rivelarsi personalmente, rispettando sempre la libertà dell’uomo (Missionari Monfortani).
La vita, in quanto prima grande chiamata, è un dono prezioso che il Signore ci offre per realizzare noi stessi. Ogni chiamata esige una risposta, perché è attraverso questa risposta che si può raggiungere il vero potenziale dell’individuo e contribuire in modo significativo alla società. Rispondere a una chiamata non è semplicemente una decisione, ma un processo di scoperta e realizzazione di sé. È un impegno che richiede coraggio, riflessione e dedizione, e porta a una vita più autentica e soddisfacente. Pertanto, la risposta a una chiamata è fondamentale non solo per il benessere personale, ma anche per il bene comune.

«Il Signore continua oggi a chiamare a seguirlo. Non dobbiamo aspettare di essere perfetti per rispondere al nostro generoso “eccomi”, né spaventarci dei nostri limiti e dei nostri peccati, ma accogliere con cuore aperto la voce del Signore. Ascoltarla, discernere la nostra missione personale nella Chiesa e nel mondo, e infine viverla nell’oggi che Dio ci dona» (Messaggio di Papa Francesco per la 55ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni).

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