Articoli filtrati per data: Domenica, 31 Maggio 2020

Il frequente e intenso rapporto di Giovanni Paolo II con Fatima (Papa tra il 10 ottobre 1978 e il 2 aprile 2005) è dipeso da una coincidenza che lo segnò profondamente: l'attentato di cui fu vittima e che avvenne il giorno dell'anniversario, e quasi alla stessa ora, della prima apparizione della Madonna di Fatima: il 13 maggio 1981. La coincidenza è un segnale chiaro inviatogli da Dio. Il Papa è convinto di essere stato salvato da Maria; chiede che gli sia portata in ospedale l'ultima parte del segreto di Fatima, ancora da divulgare; legge le Memorias di Lucia; procede immediatamente a una prima consacrazione della Chiesa e del mondo all'Immacolato Cuore di Maria. Egli disse ai suoi collaboratori più prossimi: «Dobbiamo fare qualcosa», e il 12 maggio dell'anno seguente rivelò: «Vidi in tutto quanto accaduto - non mi stancherò di ripeterlo - una speciale protezione materna della Madonna. E per coincidenza - e non ci sono mere coincidenze nei disegni della Provvidenza divina - vidi anche un appello e, chissà, una richiesta di attenzione per il messaggio che da lì partì sessantacinque anni fa, per mezzo di tre bambini». Seguì una lunga storia, lunga quanto il suo pontificato, di dichiarazioni, atteggiamenti, viaggi, decisioni e gesti che sono attestati da un'impressionante mole di documenti, senza pari nella storia del papato.

La mattina del giorno dell'attentato al Papa, a Fatima era stato letto, in presenza del prefetto della Dottrina della Fede cardinal Sepe, un telegramma proveniente dalla Segreteria di Stato che segnalava la presenza spirituale di Sua Santità. Un'insperata accelerazione dal ritmo allucinante si ebbe a partire dall'attentato del 13 maggio 1981. Perché? Perché il Papa da quel momento fu sorretto da una convinzione profonda, incrollabile. Il 14 agosto 1981 egli confessò: «Poi visitai le tombe dei miei predecessori e pensai che avrebbe potuto esserci una tomba in più. Ma il Signore dispose diversamente; e la Madonna - perché tutti quanti ricordiamo che era il 13 maggio - collaborò a quel "diversamente"». Il 7 ottobre seguente aggiunse: «Potrei dimenticare che quanto accadde in piazza San Pietro ebbe luogo il giorno e l'ora che, da più di sessant'anni, si ricorda a Fatima, in Portogallo, la prima apparizione della Madre di Cristo, ai poveri e piccoli contadini? Perché in tutto ciò che accadde quel giorno, notai quella straordinaria protezione materna, che si rivelò più forte del proiettile mortale». Non stupisce, quindi, che negli ambienti a lui più prossimi il Santo Padre si sia espresso senza ambiguità, come fece col cardinale Pironio, secondo la sua testimonianza a Fatima, nel mese di novembre: «Io devo la mia vita alla Madonna di Fatima». Il 12 maggio del 1982, vigilia del viaggio a Fatima, Giovanni Paolo II affermò: «Approfittando dell'invito, desidero soprattutto rispondere alla necessità del cuore che, nel primo anniversario dell'attentato alla mia persona, mi spinge ad andare ai piedi della Madre di Dio di Fatima, per ringraziarla per il suo intervento, salvandomi la vita e restituendomi la salute». Quella notte, in visita per la prima volta alla Cappellina delle Apparizioni, il romano Pontefice confessava: «[...I da quando c'è stato l'attentato in piazza San Pietro un anno fa, riprendendo coscienza, il mio pensiero si è immediatamente volto a questo santuario, per deporre nel cuore della Madre celeste il mio ringraziamento per avermi salvato dal pericolo». Nell'omelia del giorno seguente egli insisteva sul motivo del suo pellegrinaggio: «Vengo oggi qui, perché proprio in questo giorno, l'anno scorso, ci fu a piazza San Pietro, a Roma, l'attentato alla vita del Papa, che misteriosamente coincideva con l'anniversario della prima apparizione a Fatima, la quale si verificò il tredici maggio del 1917». Di fronte all'immagine della Cappellina di Fatima, che poi chiese venisse portata a Roma il 25 marzo 1984, il Papa si riferì nuovamente al legame che non poteva dimenticare: «Madonna di Fatima, cui siamo tutti devoti e riconoscenti, anche nel senso più intimo e personale, avete voluto visitarci in questo giorno tanto importante, qui a Roma».

Il 13 maggio del 1994, trovandosi nuovamente al policlinico Gemelli, consegnò ai vescovi italiani e ai fedeli un messaggio da leggere a Santa Maria Maggiore: «è stata una mano materna a guidare la traiettoria del proiettile e il Papa agonizzante, trasportato al Gemelli, si fermò sulla soglia della morte». Il 7 giugno 1997 a Zakopane, in Polonia, in occasione della dedica del Santuario della Madonna di Fatima, (monumento dall'eloquente gratitudine del popolo polacco per aver salvato la vita al Papa) egli ebbe ad affermare: «Qui, insieme a voi, voglio ancora una volta ringraziare la Madonna di Fatima per il dono di avermi salvato la vita, come ho fatto a Fatima quindici anni fa». In occasione dell'omelia di beatificazione dei veggenti Francisco e Jacinta, il 13 maggio del 2000, Giovanni Paolo II pronunciò le seguenti parole: «Desidero ancora una volta celebrare la bontà del Signore nei miei confronti, quando, duramente colpito il 13 maggio del 1981, fui salvato dalla morte. Esprimo la mia gratitudine anche alla beata Jacinta, per i sacrifici e le preghiere offerte al Santo Padre, che lei aveva visto in grande sofferenza».

Riferendo questa convinzione tanto radicata nel Papa, colui che fu suo Segretario personale per tutto il suo pontificato, Sua Erninenza il cardinale Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, avrebbe ricordato a Fatima: «In verità, dopo l'attentato del tredici maggio del 1981, egli stesso chiese la busta che conteneva la terza parte del "segreto". Come è noto, subito pensò alla consacrazione del mondo all'Immacolato Cuore di Maria, avendo egli stesso composta una preghiera per l"atto di consegna", che doveva essere celebrato nella basilica di Santa Maria Maggiore il 7 giugno 1981». Successivamente aggiunse: «Per meglio corrispondere alle sollecitazione della "Madonna", il nostro Santo Padre volle esplicitare, durante l'Anno Santo della Redenzione, quell'Atto di Consegna del 7 giugno del 1981 e ripetuto a Fatima il 13 maggio del 1982. E così, il giorno in cui si ricorda il "fiat" pronunciato da Maria al momento dell'Annunciazione, il 25 marzo del 1984, da piazza San Pietro, il Papa, insieme a tutti i vescovi del mondo, precedentemente "convocati", consegnò al Cuore Immacolato di Maria gli uomini e i popoli. Suor Lucia confermò personalmente che quell'atto solenne e universale, di consacrazione corrispondeva a quanto la Madonna voleva». Convinzione incrollabile. Abbiamo quindi la certezza che Sua Santità volle rispondere in modo soddisfacente alla richiesta della Madonna, che ancora non era stata esaudita nonostante i molti tentativi effettuati dai diversi papi, a partire da Pio XII, cioè alla consacrazione all'Irnmacolato Cuore di Maria. Per quanto strano possa apparire, il particolare su cui Lucia aveva sempre insistito era l'unione di tutti i vescovi del mondo con il Santo Padre nell'atto di consacrazione, e doveva trattarsi di un atto solenne di riconoscimento del ruolo di Maria nella storia del mondo e della chiesa. Tale solennità avrebbe potuto essere realizzata solo attraverso l'unione dei vescovi con il Papa. Come riuscì il Papa a soddisfare tale richiesta? Scrivendo a ogni vescovo e chiedendo di provvedere alla consacrazione nelle loro diocesi nello stesso giorno, la vigilia del 25 marzo del 1984, quando Giovanni Paolo II avrebbe provveduto alla consacrazione a Roma. La lettera di Giovanni Paolo II fu spedita da Roma in data 8 dicembre 1983.

Quale fu la risposta del Papa alla necessità di una menzione speciale alla Russia, che sin dalla lettera inviata da Lucia a Pio XII nel dicembre del 1940, costituiva un altro dettaglio essenziale dell'atto di consacrazione? Ancora oggi esistono correnti di pensiero che non ritengono credibile che suor Lucia abbia influenzato la consacrazione del Papa, poiché la menzione speciale alla Russia non fu fatta pubblicamente e oralmente con termini inequivocabili e poiché non si verificò lo strepitoso miracolo, che parevano aspettarsi, dell'improvvisa conversione di massa al cattolicesimo da parte di quel paese tradizionalmente ortodosso e a quel tempo ufficialmente ateo, sussiste la sfiducia nei confronti dell"accettazione' del cielo dell'atto di Giovanni Paolo II. Fatto sta, però, che Lucia scrisse, almeno due volte, che la consacrazione era stata finalmente eseguita secondo i requisiti necessari, ed era quindi stata accettata dal Cielo. Come aveva proceduto il Papa alla menzione speciale per la Russia? Per quanto possiamo sapere, era parte integrante del testo della consacrazione, e si trattò di un'allusione discreta contenuta nella formula del 25 marzo del 1984; il Papa si espresse in questi termini: «quegli uomini e quelle nazioni che di questa consegna e di questa consacrazione hanno particolare bisogno».

Ci piace evidenziare che la consacrazione offrì anche l'occasione per una riflessione teologica sul significato di tale atto, contro il quale furono sollevate vane obiezioni: forse perché la consacrazione può avvenire solo da parte di Dio, oppure perché non poteva essere realizzata in assenza (e tanto più contro) della volontà dei popoli russi, o ancora perché il termine "consacrazione" non poteva essere usato per la Madonna, in quanto spetta unicamente a Dio. Giovanni Paolo II, rifacendosi alla consacrazione fatta da Cristo a se stesso nell'ultima cena (Gv 17) e alla singolare unione del Cuore di Maria con il Cuore di Gesù sulla Croce, sviluppa una teologia della consacrazione alla quale partecipano tutti i battezzati, dato che l'opera redentrice di Cristo deve essere partecipata al mondo attraverso la Chiesa, ed esclama: «Oh! Quanto profondamente sentiamo la necessità della consacrazione, per l'umanità e per il mondo: per il nostro mondo contemporaneo, nell'unità con Cristo!... Oh! Quanto ci penalizza, quindi, tutto ciò che nella Chiesa e in ognuno di noi si oppone alla santità e alla consacrazione!». (13 maggio 1982). E così la consacrazione a Maria diviene atto di unione alla consacrazione di Cristo per l'intera umanità.

Due temi del messaggio di Fatima - l'apparizione dell'angelo e la devozione dei cinque primi sabati - dovevano ancora essere affrontati nei documenti della Santa Sede prima di questo pontificato. Quanto al primo, e alla cui approvazione Lucia, in una lettera a Pio XII del 1940, attribuiva quasi la medesima urgenza della consacrazione, possiamo dire che il Papa gli attribuì una pratica collocazione, seppur tacita, nell'ambito della recita del rosario da lui avviata a Roma tutti i primi sabato del mese e che veniva accompagnata dai fedeli riuniti in piazza San Pietro. Commovente è stata la coincidenza della morte di Sua Santità proprio un primo sabato all'ora in cui, non lui in persona in quanto ormai impossibilitato, ma una grande folla di fedeli recitava per lui il rosario. Non essendo possibili per Dio le coincidenze fortuite, come il Papa ebbe ad affermare (seguendo il pensiero di Pio XII), è davvero interessante notare che suor Lucia morì due mesi prima, il giorno 13, e il Papa che tenne tanto in considerazione il suo messaggio è morto un primo sabato del mese, nell'ora della pratica abituale di questa devozione. E ci sia consentito menzionare una credenza popolare secondo cui minuti e ore sommate danno il numero 13...

Le apparizioni dell'angelo erano state indirettamente evocate nella prima preghiera da lui insegnata, dopo il saluto a Fatima, il 12 maggio del 1982. Anche il 23 luglio 1989, rivolgendosi ai bambini dell'"Esercito bianco", Sua Santità adoperò un'espressione velata (simile a quella del vescovo di Leiria, quando, nel 1941, diede indulgenza alle preghiere dell'Angelo custode del Portogallo: «Siete voi i validi apostoli di Gesù per i vostri amici e ripetete loro spesso la preghiera insegnata dai piccoli di Fatima». Nell'udienza generale del 17 maggio del 2000, evocando il terzo pellegrinaggio a Fatima, allorquando aveva beatificato i veggenti Francisco e Jacinta, Giovanni Paolo II non poteva esprimersi in maniera più chiara nel pronunciarsi sui neo beati: «I genitori li hanno educati alla preghiera e il Signore stesso li ha portati stretti a Sé, mediante l'apparizione di un Angelo che, avendo in mano un calice e un'Ostia, insegnò loro a unirsi al Sacrificio eucaristico, in riparazione dei peccati».

La manifestazione più alta del riconoscimento di Fatima da parte di Giovanni Paolo II avvenne il 13 maggio del 2000, con la beatificazione dei due veggenti più giovani e l'annuncio della pubblicazione della terza parte del segreto. Per la beatificazione dei due bambini il Santo Padre professava solennemente la convinzione che essi avessero detto la verità del loro cuore, affermando la realtà delle apparizioni. In questo attestato di credibilità non poteva non includere la veggente ancora in vita, Lucia, che il pontefice volle ascoltare direttamente in occasione dei suoi tre pellegrinaggi a Cova da Iria e a cui mandò varie volte suoi emissari. Veniva cosi annullata dall'autonità suprema la classificazione spregiativa di Fatima II, sulla quale tanti critici insistettero per gli scritti di suor Lucia: «Alle porte del terzo Millennio, guardando i segni dei tempi in questo XX secolo», scrisse Giovanni Paolo II al vescovo di Fatima Leiria il 1 ottobre 1997, «Fatima risulta tra i maggiori, anche perche annuncia nel suo Messaggio, e condiziona l'esistenza dei suoi appelli, molti dei restanti che sopraggiunsero [..]. Tra questi e altri segnali dei tempi, come dicevo, risalta quello di Fatima, che ci aiuta a vedere la mano di Dio, Guida provvidente e Padre paziente e compassionevole, anche di questo XX secolo». Nell'Anno Santo Duemila si moltiplicarono i segni di speranza che il Pontefice romano riponeva nelle profezie di Fatima. Non solo egli si recò a Fatima per la terza volta e donò alla Madonna di Fatima i suoi gioielli preziosi - l'anello Totus Tuus, donatogli dal cardinale Wiszinski, - ma volle anche che l'immagine della Cappellina delle Apparizioni fosse condotta in Vaticano per la seconda volta, in occasione della chiusura dell'Anno Santo celebrata con la festa della Madonna del Rosario alla presenza di circa 1500 vescovi, la più grande riunione episcopale dopo il Concilio Vaticano II.

In conclusione possiamo affermare che Giovanni Paolo II fece tutto quanto era nelle sue possibilità per apporre agli eventi e ai messaggi di Fatima il definitivo sigillo pontificio, sotto tutti gli aspetti, dal ricevimento del messaggio da parte dei fedeli fino alle apparizioni, sia della Madonna che dell'angelo, passando attraverso la beatificazione dei veggenti. Sulla corona della Madonna di Fatima è incastonata la gioia più preziosa: il proiettile che ha trapassato il corpo del Papa il 13 maggio del 1981. Il proiettile era per il Papa il segno della verità del terzo segreto di Fatima; per questo pensò che, essendo depositato presso la Santa Sede sin dal 1957, era giunto il momento che il segreto fosse divulgato. Egli chiese quindi alla Congregazione della Dottrina della Fede di predisporre un commento autorizzato da allegare alla pubblicazione, commento che fu approntato dal prefetto stesso, poi successore del grande Pontefice col nome di Benedetto XVI. Tanti eventi sublimi e sorprendenti costituiscono una chiara indicazione che il fenomeno di Fatima è lungi dall'esaurirsi. E nulla impedisce che l'autorità suprema della Chiesa prenda posizioni ancora più esplicite e formali, seppur difficilmente più solenni. Sarà impossibile tornare indietro dopo quanto e stato detto e fatto. Nessuna apparizione ha avuto fino a oggi, da parte dell'autorità romana, un'accoglienza più meditata, calorosa, progressiva, insistente e solenne come quelle di Fatima. E la ragione sembra risiedere solo in ciò che nei primi anni aveva dichiarato, con intuitiva chiaroveggenza, il cardinale D. Manuel Gonçalves Cerejeira: «Non è stata la Chiesa a imporre Fatima, ma è stata Fatima a imporsi alla Chiesa». 

 

[LUCIANO GUERRA, Giovanni Paolo II e Fatima, in MOREIRA C. A. - CRISTINO L., Enciclopedia di Fatima, Cantagalli, Siena 2010, pp. 191-195]

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