Articoli filtrati per data: Lunedì, 13 Luglio 2020

Perché nel titolo di questo intervento abbiamo chiamato la vergine Maria «Donna del settimo giorno»? Perché ce lo suggerisce il Vangelo di Giovanni.

 

La cifra mariana del “settimo giorno” nel Vangelo di Giovanni

È interessante notare che nel Vangelo di Giovanni Gesù si rivolge a Maria con l’appellativo «Donna» in due episodi: le nozze di Cana (Gv 2,4) e  sulla croce (Gv 19,26). In entrambi gli episodi cioè avviene – secondo la cronologia della settimana – il settimo giorno. Certo la cronologia dell’ultima settimana è rovesciata: si parte da «sei giorni prima della Pasqua» (Gv 12,1), quando Gesù si reca a Betania, e si giunge, a ritroso, al grande sabato della pasqua ebraica, che per noi cristiani è il sabato santo, nel quale Maria è in casa con il «discepolo amato», Giovanni.

Nel seguente schema possiamo meglio vedere il riscontro speculare delle due settimane di giorni nel Quarto Vangelo.

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SETTIMANA INIZIALE

1°  giorno:   Gv 1,1-28: “In principio era il Verbo… e si è fatto carne…e noi l’abbiamo visto”.

2°  giorno:  Gv 1,29-34: “Il giorno dopo… ‘Ecco l'Angello di Dio!’ ”

3°  giorno: Gv 1,35-42: “Il giorno dopo… ‘Rabbì, dove abiti?’ ”

4°  giorno:  Gv 1,43-51: “Il giorno dopo… [in Galilea] ‘Seguimi!’ ”

5°  giorno: (il vangelo non narra alcun evento)

6°  giorno: (il vangelo non narra alcun evento)

7°  giorno: Gv 2,1: “Tre giorni dopo [il quarto] ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù là”

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SETTIMANA FINALE

1°  giorno: Gv 12,1-11: “Sei giorni prima di Pasqua Gesù andò a Betania…” (cena in casa di Lazzaro)

2°  giorno:  Gv 12,12-50: “Il giorno dopo… ‘Osanna!’ ”

3°  giorno (il vangelo non narra alcun evento)

4°  giorno (il vangelo non narra alcun evento)

5°  giorno (il vangelo non narra alcun evento)

6°  giorno: 13,1-19,43: “Prima della festa di Pasqua…” (Ultima Cena)

“Era notte... (13,30) allora condussero Gesù dalla casa di Caifa al pretorio…

Era l’alba… crocifissero Gesù…

Donna, ecco tuo figlio, figlio, ecco la tua madre. E da quel momento il discepolo la prese con sé”.

Morte e sepoltura di Gesù

7°  giorno (sabato santo; pasqua ebraica)

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Per non confonderci nella cronologia bisogna ricordare che per gli ebrei il giorno iniziava dopo il tramonto del sole con l’apparire delle prime stelle in cielo. Quindi anche l’ultima cena, che per noi è il giovedì santo, per Gesù è iniziata – secondo il computo dei giorni ebraico – all’inizio di venerdì, di questo lungo gran giorno che conosce tutta la passione e morte di Gesù e la sepoltura affrettata a causa della pasqua ebraica.

Quale rapporto c’è tra Gesù, l’Uomo (Gv 19,5), e Maria, la Donna, nei due episodi posti dall’evangelista nel 7° giorno? Credo che lo si debba interpretare in base all’espressione pronunciata da Gesù nell’episodio di Cana: “QUID MIHI ET TIBI EST MULIER? (τί ἐμοὶ καὶ σοί , γύναι)» (Gv 2,4).

Spesso questo idiomatismo (il testo latino della Vulgata è fedele al testo greco, che a sua volta rispecchia un’espressione idiomatica semitica) viene reso (non ‘tradotto’) con formule varie e molto diverse, esprimenti un rapporto dialettico (più o meno pesante) tra Gesù e Maria. Così, ad esempio, nell’ultima versione CEI leggiamo: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”.

Credo, invece, che si possa dare un senso diverso alla frase, decisamente positivo. Infatti nei due episodi evangelici del settimo giorno c’è la piena solidalità, o perfetto accordo, del Figlio e della Madre nel “Sì” al volere del Padre. Perciò suggerisco di tradurre: “Donna, è ancora la tua ora, la mia non è ancora giunta”. Si tratterebbe allora, da parte di Gesù, di un invito a un protagonismo femminile che Maria subito mette in atto, producendo un capolavoro che può dirsi di ‘cristofania’; Maria-Donna, sentendosi investita da Gesù in una responsabilità personale, vive la sua «ora», facendola meditrice-rivelatrice-promotrice dell’ora di Gesù. Gesù agisce lasciando prima intervenire lei, la Donna.

L’evangelista non ignora che già trent’anni prima Dio aveva voluto fare appello alla responsabilità di Maria, al suo protagonismo di Donna giovane e umile, un protagonismo grande, perché pienamente libero. Giovanissima, aveva dato il suo convinto assenso accogliendo in sé, con la fede più pura nella parola che l’angelo le aveva detto. Con il suo “sì” è iniziata l’ora di Maria, cioè quel protagonismo a servizio del progetto di salvezza divina nell’accogliere il Figlio eterno, generarlo e darlo alla luce, vissuto nei lungi a Nazareth educarlo… ed ora, ormai grande e pronto ad iniziare la missione pubblica, indicare proprio a Lui che manca il vino a Cana. Ed è proprio questo

È chiaro che la sua ora Maria la sta vivendo da molti anni, cioè proprio dal sì dell’annunciazione, l’ha vissuta nei lunghi anni a Nazareth come un servizio materno verso il figlio Gesù, ed ora, in questo settimo giorno di Cana è riconosciuta ufficialmente da Gesù stesso, e la vivrà in pienezza come un servizio alla fede e alla vita del giovane Discepolo divenuto suo “figlio”, e di ogni discepolo amato simboleggiato dalla figura di quel discepolo sotto la croce.

Passiamo ora all’altro episodio del settimo giorno, ove Maria è sotto la croce e sente la voce del suo Figlio morente dire: “Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre”. E “il discepolo la prese in casa sua”. Nel cuore di Giovanni, fratello di Giacomo, soprannominati “boanerges”, cioè “figli del tuono” (cfr. Mc 3,17), comprensibilmente per lo slancio generoso della loro indole, ora regnava la morte. La sepoltura era stata eseguita in fretta, perché iniziava, con le prime stelle, il grande giorno del sabato, quando nessuno “lavoro” si doveva più fare: solo squilli di tromba, canti alleluiatici, fervore religioso, festa di popolo. Ma il cuore di Giovanni non poteva essere in sintonia con questo clima di festa perché il suo Maestro, giaceva là, freddo, sulla pietra del sepolcro.

Giovanni ha dunque vissuto quel sabato,  quel “settimo giorno”, con la Madre di Gesù, che non esita a ripetergli: “È ancora, sempre, il Figlio di Dio!”. In altre parole “il discepolo che Gesù amava” ha potuto vivere la sua più nera giornata non nella solitudine mortale, ma sorretto dalla fede di «colei che ha creduto» (Lc 1,45). Benché fosse stata trapassata dalla spada che trafigge l’anima (cfr.Lc 2,35), continuava a credere che, pur deposto il corpo del suo figlio nel sepolcro, il Maestro è il Signore della vita. Giorno mariologico per eccellenza quel sabato, detto “santo”.

Potremmo pensare che con la risurrezione di Cristo sia terminata quest’ora di Maria. E invece no. Crediamo infatti che la sua ora – affidata da Cristo sulla croce – continua nel tempo della storia, tra la risurrezione di Cristo e la sua venuta nella gloria, finché il settimo giorno della storia possa un giorno entrare nell’ottavo, cioè nella pienezza escatologica. Si tratta – per così dire – di un ministero materno di Maria verso quel discepolo amato che è l’immagine di ogni credente in Cristo.

 

L’intervento teologico di Maria a Fatima

Nel corso delle apparizioni mariane ai tre fanciulli di Fatima c'è un “Dio vuole”. Nella relazione fatta dai bambini la sera del 13 giugno 1917 si legge che la Bella Signora, rivolta a Lucia, dice: “Gesù vuole servirsi di te per farmi conoscere e amare. Vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato”; seguì una visione: “davanti alla palma destra della Madonna un cuore coronato di spine che ci sembravano confitte. Capimmo che era il Cuore Immacolato di Maria”.

Nell'apparizione del 13 luglio ai bambini è data la visione dell'inferno: “Avete visto l'inferno dove vanno a finire le anime dei poveri peccatori. Per salvarli il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato”. Si pensa spontaneamente che 'il Signore', che la Madonna nomina, sia sempre Gesù, come nella seconda apparizione, ma nella ' Quarta Memoria', che Lucia scrisse dietro ordini dei superiori nel 1941 (aveva 34 anni), le parole della Madonna fanno riferimento a Dio: "Avete visto l'inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Imma­colato"; non cambia molto quanto a rilevanza teologica del messaggio, perché Gesù parla comunque con autorità divina; si precisa però, in senso forte, la comprensione che ne ha avuto la veggente.

Ciò che non risulta ancora preso in attenta considerazione non è la “'devo­zione al Cuore Immacolato di Maria”, che nel frattempo è stata ampiamen­te dibattuta, ufficialmente riconosciuta e onorata di una memoria liturgica obbligatoria proprio il sabato che segue la Solennità del SS. Cuore di Gesù; non risulta ancora tema di sistematica riflessione il dire che questa “devozione” è una “istituzione” voluta da Gesù, voluta da Dio.

La Madonna usa il verbo “volere” per rivelare un Disegno di Dio. Se ci si chiede quale realtà è l'oggetto del “Dio vuole che..”, la risposta è una sola: l'istituzione a livello mondiale di un culto al Cuore Immacolato di Maria[1]. Occorre uno sforzo per non perdere di vista la novità di questa richiesta. Dio vuole una “devozione istituzionalizzata” al Cuore Immacolato di Maria, non opzionale e non riservata alla Chiesa anagraficamente riconoscibile, ma uf­ficiale. Di conseguenza Fatima ci invita a contemplare un protagonismo mariano nell'economia della Salvezza voluto da Dio stesso, che è più rilevante di quanto per l'addietro si fosse disposti ad ammettere.

 

La Donna-Signora “in cattedra”ad Amsterdam

A quarant'anni di distanza dalla prima apparizione di Fatima, apparendo il 31 maggio 1957 per l'ultima volta alla veggente cinquantaduenne in pre­senza di altra gente, la Madonna ha detto: "Per dodici anni ho potuto venire a mettervi in guardia... mediante l'intercessione della Signora di tutti i Popoli, Sposa del Signore e Regina del Re, è stato possibile salvare ancora una volta il mondo"; è l'in­consueto linguaggio con cui termina la lunga serie di messaggi dettati dalla Madonna alla veggente di Amsterdam[2].

Già l'immagine offerta allo sguardo della veggente da (Donna)Signora di tutti i popoli, perché fosse tradotta in icona e destinata a tutti i popoli', è forte­mente rivelativa.

La B. V. Maria è raffigurata in veste candida, la sua persona copre quasi per intero lo stipes (tronco verticale) della croce che le fa da sfondo e della quale sono visibili solo la parte terminale dello stipes stesso e le estremità del patibulum; un drappo le avvolge la vita, i piedi poggiano saldamente su un globo che emerge da una innumerevole schiera di uomini, le braccia sono rivolte in basso, le mani aperte con una piaga sul palmo e tre raggi di luce ne escono scendendo verso l'umanità; la stessa Beata Vergine afferma che quell'immagine “è significato e raffigurazione di un nuovo dogma”.

Nei simbolismi, che non sono di difficile intuizione e dei quali Lei stessa del resto ha dato spiegazione, c'è il tema della sofferenza innocente che si associa a quella del Figlio; in particolare del drappo che le avvolge la vita dice che è come la fascia che cinse i fianchi del Figlio sulla Croce'52; i tre raggi che escono dalle piaghe che ha nelle mani sono 'i raggi di Grazia, Redenzione e Pace', palese richiamo alle Persone divine con le quali Lei sta in singola­rissima relazione.

Impressiona l'esplicito riferimento a un Disegno che, partendo da Dio, include la Donna così come l'immagine la presenta (sembra di riudire la “Bel­la Signora” di Fatima che dopo quarant'anni torna a ribadire una esplicita “Volontà” di Dio): “…il Padre e il Figlio vogliono presentarmi nel mondo in questo periodo come Corredentrice, Mediatrice e Avvocata”; dichiara che questo “è un nuo­vo dogma”, precisando che il riconoscimento dogmatico sarà preceduto dalla diffusione dell'immagine.

Non può non stupire che colei che così parla è sempre “l'umile ancella del Signore”.

La Madonna stessa prevede un'aspra opposizione dei teologi al “nuovo dogma”, e tuttavia di­chiara che “Quando il dogma, l'ultimo dogma della storia mariana, sarà proclamato allora la Signora di Tutti i Popoli donerà la Pace, la vera Pace al mondo”. Ci si trova di fronte a un tema su cui è impossibile equivocare; solo prendendo atto che il posto che spetta alla DONNA-SIGNORA nei disegni di Dio è molto più alto di quanto le menti umane osino pensare non si rimane spiazzati.

 

L’“io voglio” di Maria a Civitavecchia

Nelle apparizioni e messaggi di Maria a Civitavecchia (1995-1996) afferma che il suo compito “concessomi a Dio è portarvi tutti a Gesù” (messaggio del 21 agosto 1995). Nei suoi messaggi già negli anni 1995-1996 la Vergine aveva messo in guardia da u piano diabolico che prevede: l’attacco e la distruzione della famiglia; grande apostasia; scandali dentro la Chiesa; gravi mancanze fra le stesse schiere gerarchiche, da cui un forte richiamo ai vescovi per la loro unità intorno al papa Giovanni Paolo II, indicato come modello e suo dono per i tempi presenti; pericolo per la nazione italiana, con il rischio concreto di una terza guerra mondiale tra Occidente e Oriente.

Di fronte a tutto ciò Maria non esita ad esprimere un forte “Io voglio”: “Il mio volere è che vi consacriate tutti al mio Cuore Immacolato, Regina del Cielo, Madre delle Famiglie, Portatrice di Pace nei vostri cuori”. La consacrazione al suo cuore non appare quindi più una pia pratica mariana, riservata ad un certo numero di devoti, ma un forte appello a tutti i credenti affinché stringendosi a Lei, possiamo essere il “vero popolo di Dio con un unico cuore che pulsa raggi di luce del Signore per diffonderli in tutto il mondo” (messaggio del 25 agosto 1995)[3].

 

Il ruolo unico e singolare di Maria nell'opera della salvezza (riflessione teologica)

Possiamo approfondire quanto detto fino ad ora riflettendo sul ruolo unico e singolare di Maria nell'opera della salvezza. Dio l'ha scelta dall'eternità ad essere madre del Figlio che si è fatto uomo nel suo seno. Ma questa maternità, per volontà stessa di Dio, si espande su tutti gli uomini. Maria, infatti, è vera madre di Gesù, che è il Capo del Corpo che in sé riunisce le creature salvate. Pertanto Maria è Madre del «Cristo totale» (cfr. CCC 726), ovvero madre del Capo e nello stesso tempo madre del suo Corpo, della Chiesa che è chiamata a radunare tutti gli uomini salvati.

Seguendo la lettura del teologo De Fiores, che in Maria vede un caso palese della logica storico-salvifica dell’abbassamento-esaltazione, possiamo dire che Maria, resasi piccola per poter essere vicino ai piccoli, è innalzata quale Madre di tutti gli uomini bisognosi della salvezza.

La lettura pneumatologica della maternità divina è pista per poter comprendere la portata della maternità divina quale espressione più caratteristica della sua cooperazione umana, ovvero l’estensione della sua maternità spirituale e corporale di Gesù Cristo alla maternità spirituale di tutti gli uomini.

Ogni rapporto di ciascun uomo con Cristo avviene nello Spirito Santo. Per opera dello Spirito avviene la filiazione adottiva della nuova creatura e la sua identificazione con Cristo. Lo stesso Spirito che ha animato e riempito l’umanità di Gesù Cristo, in quanto perfetto uomo, ricrea nell’umanità, in ogni singolo uomo, i lineamenti della umanità salvata di Gesù. Questa perfetta umanità di Gesù è definita da due dati fondamentali: essere figlio del Padre e, per opera dello Spirito, figlio della Vergine Madre. Nessuno di questi dati rappresenta un carattere puramente biologico o privato di Gesù. Quando lo Spirito, nella manifestazione della salvezza, riproduce nell’uomo salvato i lineamenti della perfetta umanità di Gesù Cristo, Verbo incarnato e figlio di Maria, riproduce anche la sua filiazione da parte di Maria. Pertanto, nello Spirito tutti gli uomini salvati sono anche figli di Maria. Ricevendo lo Spirito, la nuova creatura diventa figlio nel Figlio e anche, partecipando alla filiazione di Gesù, figlio della Vergine Madre.

Da questo deriva, che non si può essere salvati in Cristo senza diventare figli della Madre. La maternità universale di Maria, che il Concilio Vaticano II chiama maternità nell’ordine della grazia (cfr LG 31), acquista la sua universalità secondo l’opera dello Spirito che universalizza e interiorizza l’evento della salvezza. Partecipando come nuova creatura alla filiazione divina di Gesù e crescendo come immagine di Dio nel suo pellegrinaggio verso la somiglianza con Dio, l’uomo partecipa alla, e così realmente entra nella, relazione che Gesù Cristo ha vissuto e vive con sua madre. Per questo essere salvati significa essere figli nel Figlio, partecipare alla filiazione divina di colui che è il Figlio eterno del Padre e il Figlio vero di sua madre. Proprio lo Spirito di Cristo crea la nuova e universale relazione materna tra la Beata Vergine e l’uomo che partecipa alla filiazione di Gesù. Tutti coloro che sono figli nel Figlio, per l’opera dello Spirito che rende capaci di partecipare alla filiazione stessa del Figlio, hanno il Dio di Gesù come loro Padre e la madre di Gesù come loro madre.

Se dunque il cristiano è cosciente di questa volontà divina di venire salvati in Cristo diventando figli della Madre, capiamo che non può che riferirsi a lei come figlio. Per questo motivo crediamo che l'atto di consacrazione a Maria non è, nella coscienza di chi ha compreso qual è il posto singolare e unico di Maria nella salvezza, voluto da Dio stesso,  una semplice devozione, magari accessoria, ma un atto con il quale accogliamo la salvezza stessa attraverso la mediazione materna di Maria che Dio ha pensato per ciascun figlio nel Figlio. Capiamo allora, in questa prospettiva, la richiesta stessa di Maria di consacrarsi al suo Cuore Immacolato e il fatto che questa consacrazione è volontà di Dio, come lei stessa ebbe modo di affermare a Fatima e ribadita a Civitavecchia. E se vogliamo essere realmente figli nel Figlio, rimaniamo docili alle richieste e  agli appelli che la Madre di Dio - nelle sua apparizioni -  ci rivolge nel settimo giorno, cioè nel presente che stiamo vivendo in questo tempo di grazia. Faremo esperienza che nonostante tutte le difficoltà e le crisi che stiamo vivendo, non ci verrà a mancare - come a Cana - il vino dello grazia del Signore. 

 

E la proclamazione del nuovo dogma mariano?

Sappiamo che è in atto un serrato dibattito sulla possibilità e opportunità di un nuovo dogma mariano che abbia come oggetto l’unicità della cooperazione salvifica della Madre di Dio. Sappiamo che ci sono teologi a favore della proclamazione di Maria come corredentrice, altri invece no. Altri teologi, benché in parte aperti alla possibilità di questo futuro dogma mariano, negano l’urgenza di tale proclamazione nel momento attuale della Chiesa, spiegando che oggi non vi è un’eresia che neghi il fatto di fede, essendo il dogma sempre un pronunciamento mirato a salvaguardare il depositum fidei e assicurare la vera fede.  

Forse è necessario andare oltre queste posizioni che legano strettamente l’opportunità di un dogma alla comparsa di eresie, come già si è fatto negli ultimi due dogmi mariani. Riteniamo, infatti che, oltre a rispondere alla richiesta esplicita di Maria ad Amsterdam, anche il mondo attuale ci indica che oggi è il momento opportuno per la promulgazione del nuovo dogma. La Chiesa odierna si trova di fronte alle caratteristiche e alle conseguenze della post-modernità. In questa nuova stagione culturale – se così la possiamo chiamare – si è assiste alla fine delle “grandi narrazioni”. Dio per molti contemporanei rimane lontano ed estraneo; anche se esiste – almeno per chi ci crede in un Ente soprannaturale - non ha alcuna incidenza nella vita concreta di tutti i giorni. E nemmeno si sente il bisogno di salvezza; a meno che con tale termine si invochi la scienza e la tecnica, capace di “salvare” l’uomo dai suoi limiti creaturali – o almeno alcuni di essi -, se non nel presente con la speranza che ciò avvenga nel futuro grazie al progresso della scienza stessa.

Perdendo il proprio riferimento a Dio l’uomo post-moderno ha perso anche il senso della propria identità – e, se ancora si parla di identità, esse sono assai “fragili”, frammentarie e “provvisorie” – e il senso stesso della fraternità con gli altri uomini.

L’uomo post-moderno, forse più che in ogni altro periodo storico, vive come un’isola, nell’egoismo e negli aspetti materiali. È un consumista e viene misurato secondo il suo avere.

Immerso nella cultura nichilista, relativista e post-moderna, l’uomo contemporaneo riceve tutta una serie di stimoli negativi – segnali, informazioni, messaggi, richiesta, modi di dire e di fare – il cui senso è sempre lo stesso: nulla ha davvero valore (o, al massimo, una realtà ha un valore per il singolo soggetto), vivere è sopravvivere finché si può, la felicità non esiste. In confronto, gli stimoli positivi, quelli che fanno respirare le persone, sono assai rari. La percezione del valore delle persone e della vita stessa, della solidarietà, della bellezza, della giustizia, della pace e della propria responsabilità per tutto questo si affievolisce e viene sepolta in una montagna di angoscia. Anche la bellezza della natura, che è come l’abbraccio di Dio aperto verso un’umanità di cui si attende il risveglio, resta disattesa e tradita. Così molti si scordano del futuro che li riguarda, perdono la consapevolezza di appartenere alla storia comune dell’umanità, rimuovono l’idea di una salvezza possibile.

In questo clima culturale l’uomo deve cominciare a ritornare alla consapevolezza che per la sua natura egli ha bisogno della forma dialogica della sua vita. Ha bisogno di comprendersi secondo la propria apertura all’Altro e agli altri.

L’umanità può trovare in Maria di Nazareth un significativo esempio e paradigma di questo uomo nuovo: una donna forte che riconosce la propria identità nel dono che l’Onnipotente le ha fatto – lei è la “piena di grazia” – in vista di una chiamata, a cui corrisponde una missione (e tutti gli uomini ricevono una “chiamata” da Dio perché ciascuno è davanti a lui una persona unica e  irripetibile); è donna forte che nel corso della propria vita dà generosamente il proprio contributo per la salvezza di tutti nell’unico Mediatore, che è il suo Figlio e il suo Salvatore.

In questo senso, si può a ragione ritenere che un nuovo dogma che proclamasse la forma particolare della cooperazione salvifica di Maria sarebbe anche un impulso significativo verso la riscoperta dell’unica vera identità dell’uomo nel mondo odierno.

Perché – allora – tentennare ancora alla richiesta della Madonna?

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[1] Che non si tratti di un culto di latria è chiaro da sempre nel pensiero cristiano; questo non significa che debba essere un culto 'di libero ossequio'; dal momento che Dio ama la mediazione, può ben essere che nei suoi Disegni la devozione al Cuore Immacolato di Maria partecipi della necessaria divina mediazione del Figlio.

[2] Il vescovo di Amsterdam mons. J. Punt il 31 maggio 2002 riconobbe ufficialmente l’origine naturale delle apparizioni e dei messaggi. Leggiamo la dichiarazione: «Come vescovo di Haarlem/Amsterdam mi è stato chiesto di pronunciarmi riguardo l’autenticità delle apparizioni di Maria come Signora di tutti i Popoli ad Amsterdam durante gli anni 1945-1959. … abbiamo permesso la pubblica venerazione nel 1996. … ed io constato che questa devozione ha preso posto nella vita di fede di milioni di fedeli sparsi nel mondo e che viene sostenuta molti vescovi. Mi sono state anche riportate testimonianze di conversione e di riconciliazione, come anche di guarigione e di particolare protezione. Nel pieno riconoscimento della responsabilità della Santa Sede, è in primo luogo compito del vescovo locale pronunciarsi, secondo coscienza, sull’autenticità delle rivelazioni private che stanno avvenendo o che sono avvenute nella propria diocesi. … Considerando questi pareri, testimonianze e sviluppi, e ponderando tutto questo nella preghiera e nella riflessione teologica, tutto ciò mi conduce alla constatazione che nelle apparizioni di Amsterdam c’è un’origine soprannaturale. … E’ mia sincera convinzione che la devozione alla Signora di tutti i Popoli ci può aiutare, nella drammaticità del nostro tempo, a trovare la giusta via, la via verso una nuova e particolare venuta dello Spirito Santo, Lui che solo può sanare le grandi piaghe del nostro tempo».

[3] Il lettore potrebbe obiettare che l’apparizione a Civitavecchia e le presunte apparizioni e messaggi non sono ancora riconosciuti ufficialmente della Chiesa. Su questo attendiamo un suo giudizio. Tuttavia sul fatto che la Madonnina – e qui ci spostiamo su un piano più oggettivo – ha lacrimato sangue e trasudato del profumo – segni di un qualcosa di soprannaturale che stava avvenendo  –  ne era convinto anche il vescovo diocesano, mons. Grillo, e il papa di allora, Giovanni Paolo II.

Il vescovo di Civitavecchia, Mons. Girolamo Grillo, è stato chiamato a giudice e testimone dell’iniziativa di Dio nella sua diocesi, ed è pervenuto a un rinascimento pieno dei fatti che investe la sua autorità e l’autorità della Chiesa. Nell’esito del suo discernimento, mons. Grillo è stato corroborato dal parere positivo delle indagini della Commissione teologica diocesana.

Per quanto riguarda Giovanni Paolo II, il papa stesso ha pregato davanti alla Madonnina, l’ha benedetta, incoronata e baciata. E domenica 8 ottobre 2000 il Santo Padre ha fatto l’Atto di Affidamento di tutta la Chiesa alla Madonna in Piazza San Pietro accogliendo, anche, la richiesta di Consacrazione avanzata con forza più volte dalla Madonna di Civitavecchia.

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