Segreteria del Santuario

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Asha e Valentina. Attimi di noi..Storia di un Sì!

Preghiera a Maria Donna dell’ascolto. 

La vita dei piccoli pastori non cessò mai d’essere ritmata dal cuore di Dio. Il fiat dato alla Signora più splendente del sole veniva costantemente rinnovato dal desiderio innocente di Lucia, Francesco e Giacinta di attualizzare, nella loro vita, l’innamoramento di Dio. La presenza di Dio diventa, per i bambini, terreno sacro e, come Mosè a piedi nudi davanti al roveto ardente (Es 3,2-12), la loro intimità è convertita in una prostrazione alla presenza di quella luce interiore, che è Dio, che arde senza bruciare. E’ questo il segreto ineffabile che li anima. Questo Roveto Sacro che arde loro nel petto, li risveglia, come una volta accadde a Mosè, alla missione di prendersi cura di coloro che vivono nella schiavitù del peccato e dell’ingratitudine. E così, davanti a tutti gli altri, sono presenza della luce di Dio e, davanti a Dio, sono mediatori a favore di tutti gli altri. Le loro vite si trasformano in un’offerta costante di tutto ciò che sono e fanno – pur insignificante che sia - per amore a Dio e ai peccatori

La vita di Francesco, Giacinta e Lucia assume questa vocazione inseparabilmente contemplativa, compassionevole e annunciatrice. Ma ciascun dei bambini assumerà con maggiore rilevanza la specificità della sua chiamata.

Francesco, mosso dal suo sguardo interiore sensibile alla luce dello Spirito, si sente chiamato all’adorazione e alla contemplazione. Si rifugiava dietro una roccia o sulla cima di un monte per pregare da solo. Altre volte ancora, stava lunghe ore nella chiesa parrocchiale, nell’intimità del silenzio, a tenere compagnia a Gesù nascosto. Lì rimaneva a pregare e pensare a Dio, assorto nella contemplazione del mistero insondabile di Colui che viene incontro all’uomo. Francesco, e solo lui, con lo sguardo del suo cuore, scopre la tristezza di Dio di fronte alle sofferenze del mondo, soffre con essa e desidera consolarLo (M 145). Il piccolo pastore, che non aveva sentito l’Angelo e la Signora, soltanto li aveva visti, è il più contemplativo dei tre pastori. In tal modo si evidenzia che, nella vita di questo bambino, la contemplazione nasce dall’ascolto attento del silenzio che parla di Dio, del silenzio in cui Dio parla. L’atteggiamento contemplativo di Francesco è quello di lasciarsi abitare dall’ indicibile presenza di Dio - «Io sentivo che Dio stava in me, ma non sapevo come era!» (M 138) - ed è questa presenza che deve essere trasfigurata in accoglienza orante dell’altro. In Francesco si scopre una vita di contemplazione.

La piccola Giacinta esprime la gioia, la purezza e la generosità della fede, accolta come offerta del cuore di Dio e trasformata, nelle piccole cose della sua vita semplice di ragazzina, in dono gradito al cuore di Dio (Rm 12,1) in favore dell’umanità. La forza con cui la luce divina fece irruzione nella sua vita di bambina, l’afferra definitivamente con un dinamismo nuovo, che le fa desiderare ardentemente di condividere la sua gioia. La purezza del suo cuore gioioso anelerà a che tutti possano assaporare, grati e puri, la presenza e la gioia del cuore di Dio. Questa ansia di condividere l’amore ardente che provava per i cuori di Gesù e di Maria la faceva crescere nella sua cura verso i peccatori. Tutti i piccoli dettagli della sua giornata di pastora, tutti i disagi degli interrogatori senza fine a cui era soggetta, tutte le contrarietà della sua malattia, erano motivo di offerta a Dio per la conversione dei peccatori. Altre volte, condivideva con i poveri la sua merenda, offrendo il suo digiuno in sacrificio, come segno del dono della sua vita tutta per amore di Dio e dell’umanità. Questo pregare e soffrire per amore «era il suo ideale, era ciò di cui parlava» (M 60). Questa era la sua gioia, quella di vivere immersa nell’amore di Cristo sofferente, al modo di San Paolo: «Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa»(Col 1,24). Il fuoco che portava nel petto si irradiava e non avrebbe smesso di espandersi fino a contagiare, per la dinamica teologale della preghiera e del sacrificio, tutti gli uomini e le donne, in particolare gli uomini ingrati, cioè tutti coloro che non accolgono la Grazia. La vocazione di Giacinta è  la compassione.

Lucia accoglie la missione di evangelizzare, di far conoscere la buona novella della misericordia di Dio, rispondendo al desiderio del Dio della misericordia di consacrare il mondo al Cuore Immacolato di Maria (M 173). Presto Lucia comprende che al centro di questa devozione al Cuore Immacolato c’è la forza trasformante della misericordia di Dio. E lì scopre la sua vocazione di essere memoriale della «grandezza delle Misericordie Divine» (M 186). In modo simile ad Israele, chiamato ad essere luce delle nazioni (Is 49,6), la vita di Lucia si converte in una testimonianza vivente dei disegni di misericordia che Dio ha nei confronti dell’umanità. Dalla sua umile vita di pastora alla clausura della sua consacrazione religiosa, Lucia è la testimone che si spegne affinchè brilli incessantemente la luce del Segreto del Dio della misericordia, già definitivamente rivelato dal Figlio e ricordato a Fatima. In lei si intravede la testimone fedele di un dono accolto e offerto al mondo.

2008/2020

 

Suor Stefania Garigioli era un’Oblata di Maria Vergine di Fatima, una donna consacrata che ha vissuto in pienezza la chiamata del Signore fino all’ultimo giorno di vita nella fedeltà al Carisma del suo Istituto, una vita vissuta come “associazione all’offerta di Cristo al Padre per la salvezza dei fratelli, sull’esempio di Maria Santissima“.Sr Stefania è nata a Morimondo, all’ombra di una bellissima Abazia Cistercense dedicata a Maria nascente, il 24 luglio del 1966, durante l’università sente fortemente la chiamata alla vita religiosa conoscendo più da vicino l’Istituto delle Suore che fanno servizio nella sua Parrocchia, parte per San Vittorino e da quel giorno è stato un cammino di sequela entusiastica sulla via del Vangelo dietro a Gesù; anche sulla strada della Croce ha sempre testimoniato l’Amore che l’aveva chiamata. Si è spenta nel suo letto il 24 agosto del 2008 vivendo sempre da vera OBLATA, come è scritto nelle nostre Costituzioni, facendo della sua vita un’oblazione totale e perpetua a gloria di Dio, nella sequela di Cristo casto, povero, obbediente al servizio della Chiesa, suo Mistico Corpo e con questa vita offerta aiutava tutti quelli che incontrava ad accogliere il Mistero della salvezza e a sentirsi figlio e figlia del Padre realizzando così la sua profonda vocazione. (cfr Costituzioni OMVF, Art.1)

L’Istituto di cui faceva parte è sorto nel 1978 in Italia a San Vittorino, Diocesi di Tivoli (Roma), presso il Santuario Nostra Signora di Fatima, e affonda le sue radici nella spiritualità dei Padri Oblati di Maria Vergine, fondati nel 1800 a Pinerolo (To) dal Venerabile Padre Pio Bruno Lanteri.

Sicuramente questo sorriso ha fatto bene a tante persone ed è ancora testimonianza di un amore totale, un amore che ci dice continuamente che TUTTO CONCORRE AL BENE DI COLORO CHE AMANO DIO.

Buon viaggio nel Regno dei cieli, sr Stefy, la tua vita speciale ha reso più forte la vita di tante persone che hanno avuto il dono di incontrarti nel loro cammino! Il Signore ti ha voluto accanto a sè per aiutarci a capire per cosa vale la pena veramente vivere. Guardaci, sorridici come sai fare bene tu e aiutaci a testimoniare l’Amore di Dio proprio come hai fatto tu…

 

«Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna» (Mt 10, 28).

Nel quadro delle apparizioni mariane di Fatima, quella del 13 luglio 1917 ha avuto un rilievo del tutto particolare e una vastissima risonanza “mediatica”. Se da un lato i media hanno contribuito notevolmente alla conoscenza e alla diffusione del Messaggio della Cova da Iria, dall’altro hanno rischiato spesso di confondere le idee, creando nel cuore della gente paure inutili di tragici eventi e alimentando solo ed eccessive curiosità.
Il “cuore” di tutto il messaggio, in realtà, è racchiuso nell’appello alla conversione e alla riparazione, che maternamente la Vergine rivolse al mondo, attraverso i tre piccoli e innocenti Pastorelli. Maria Santissima, in quella occasione, disse a Lucia: “Sacrificatevi per i peccatori e dite molte volte, specialmente ogni volta che fate qualche sacrificio: o Gesù, è per amore vostro, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria”. Pronunciando tali parole, aprì le mani e “… sembrò che il riflesso penetrasse la terra e vedemmo come un mare di fuoco. Immersi in quel fuoco, i demòni e le anime, come se fossero brace, trasparenti e nere..” (dalla “Quarta Memoria” di Suor Lucia).
La terribile visione rimase impressa per sempre negli occhi e nell’animo dei tre fanciulli e fu per loro un motivo di incessante preghiera e di supplica, per ottenere da Dio perdono e misericordia sul mondo. La Vergine facendo vedere  quelle orrende immagini, aggiunse: “Avete visto l’Inferno, dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato… ”. Ella mostrò per poco più di un secondo l'inferno ai tre pastorelli, che ricordarono che quella breve visione fu così sconvolgente che bastò loro così poco tempo per essere terrorizzati a morte e che se fosse continuata più a lungo non avrebbero potuto tollerarla.
Quel gesto della Vergine ha assunto subito una importanza capitale: non pochi erano (e sono ancora adesso) i cattolici convinti che l'inferno non esista, partendo dalla constatazione che Dio alla fine perdona tutti. Evidentemente non è così. L'inferno è una delle parole più usate da Gesù nella sua predicazione, in modo preciso definito come un luogo di fiamme e sofferenza, e già queste Sue parole dovrebbero essere abbastanza, la Madonna decise di mostrarne l'esistenza perché i cristiani non lo dimenticassero. “Vedemmo come un mare di fuoco”, scrisse Lucia. “Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero brace trasparenti e nere, o bronzee, in forma umana… tra grida e gemiti di dolore e disperazione che suscitavano orrore e facevano tremar di paura”.  Quella visione servì anche per ricordare quanto Gesù diceva continuamente, cioè la necessità di pentirsi dei propri peccati. Nel vangelo di Luca si legge la definizione data da Gesù della missione della Chiesa: "LA CONVERSIONE E IL PERDONO DEI PECCATI".
Papa Francesco ripete spesso che il peccato del secolo è la perdita del senso stesso del peccato. Se è vero come è vero che Dio desidera perdonare tutti, è la nostra mancanza di pentimento che blocca questo desiderio. In primo luogo è evidente come, con estrema facilità, si tenda, oggi, a semplificare la portata di quella visione, attribuendola alla fantasia o alla particolare sensibilità dei Pastorelli, suggestionati da qualche racconto.Il richiamo ai “Novissimi” (Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso), invece, è quanto mai salutare per ricollocare il proprio cammino nella luce del Vangelo, abbracciato in tutte le sue dimensioni e in tutta la sua Verità. Gesù quindi ha parlato, in diverse circostanze, del destino eterno dell’uomo e del rischio di compromettere la propria definitiva felicità. La coscienza del Male e delle sue conseguenze estreme è una salutare richiamo contro l’indifferenza,. 
Fare riferimento all’Inferno, pertanto, significa considerare finalmente con serietà la propria vita, che non è un gioco né un susseguirsi di giorni e di anni, senza senso: la nostra esistenza ha un compito, una missione, circoscritta al tempo prezioso che Dio, nella sua misericordia, affida a ciascuno, con un corredo di grazie e di doni unici e personali, in vista del Suo progetto universale di Bene. Lo stesso giorno la Madonna dà un altro annuncio drammatico: “La guerra finirà, ma se non si cessa di offendere Dio allora ne comincerà un’altra peggiore”. Era un chiaro riferimento alla prima guerra mondiale sul punto di finire e l'inizio della Seconda. Infine un'altra drammatica visione, quella del "papa in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena”, che pregava per i cadaveri in cui inciampava fino ad essere ucciso egli stesso. Alla visione dell’Inferno – come si diceva – seguirono le parole della Vergine, che indicò nella devozione al suo Cuore Immacolato lo strumento di Grazia, offerto dal Cielo, per evitare il tremendo rischio della dannazione, per sé e per gli altri. Questa è la via da percorrere, questo è il cammino da intraprendere e da approfondire, raccogliendo l’appello, sempre attuale, di Maria Santissima. Fatima, in questo senso, ha da dire e da suggerire ancora moltissimo al cuore e alla coscienza dei fedeli, anche e soprattutto ai nostri giorni.  

« IL MIO CUORE IMMACOLATO TRIONFERÀ ».

Che cosa significa? Il Cuore aperto a Dio, purificato dalla contemplazione di Dio è più forte dei fucili e delle armi di ogni specie… Il maligno ha potere in questo mondo… egli ha potere, perché la nostra libertà si lascia continuamente distogliere da Dio. Ma… la libertà per il male non ha più l’ultima parola. Da allora vale la parola: « Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo » (Gv 16, 33). Il messaggio di Fatima ci invita ad affidarci a questa promessa”. Per concludere, il messaggio di Fatima ci dà speranza in questo mondo lacerato dall’odio, dall’egoismo e dalla guerra. Satana non trionferà, e i suoi piani malvagi verranno ostacolati dal Cuore Immacolato di Maria. Ci potrà essere sofferenza nel prossimo futuro, ma se ci aggrappiamo a Gesù e a Sua Madre usciremo vittoriosi.

14 Luglio 2018

CI SARA' UN PERDONO

Anche stasera la luna è scesa dai tetti

si nasconde tra le mani del compagno di cella.

Qui s'invidia il guaire dei cani

che da fuori giunge a stringere il silenzio.

Un respiro lungo trattenuto.

Qualcuno sta pregando.

Il guardiano scende  con l'ultimo coro di ubriachi,

le chiese hanno spento le luci.

Piu' tardi lievi di mare 

alzeranno i nostri remi

e allora per tutti ci sarà un perdono nella promessa 

che l'alba ancora trattiene.

 

CIANCI ANTONIO

casa circ.di Bollate

08 Luglio 2018

Nunc Coepi (Video)

Questa è la vita del Venerabile Bruno Lanteri, fondatore degli Oblati di Maria Vergine. Perde la madre ad una giovane eta. E sempre stato afflitto da una cagionevole salute. Viene arrestato dalla polizia di Napoleone. Eppure questo era un uomo di infallibile determinazione e infinita fiducia in Dio. Un como che veramente ha vissuto le parole, "Nunc coepi" -- Ora comincio.

«All’interno del grande pellegrinaggio che Cristo, la Chiesa e l’umanità hanno compiuto e devono continuare a compiere nella storia, ogni cristiano è invitato a inserirsi e partecipare. Il santuario verso cui egli si dirige deve diventare per eccellenza “la tenda dell’incontro”, come la Bibbia chiama il tabernacolo dell’alleanza»(1). Queste parole congiungono direttamente la riflessione sul pellegrinaggio(2) a quella sul santuario, che è normalmente la meta visibile dell’itinerario dei pellegrini: «Col nome di santuario si intendono la chiesa o altro luogo sacro ove i fedeli, per un peculiare motivo di pietà, si recano numerosi in pellegrinaggio con l’approvazione dell’Ordinario del luogo»(3). Nel santuario l’incontro col Dio vivente è proposto attraverso l’esperienza vivificante del Mistero proclamato, celebrato e vissuto: «Nei santuari si offrano ai fedeli con maggior abbondanza i mezzi della salvezza, annunziando con diligenza la parola di Dio, incrementando opportunamente la vita liturgica soprattutto con la celebrazione dell’Eucaristia e della penitenza, come pure coltivando le sane forme della pietà popolare»(4). Così, «i santuari sono come pietre miliari che orientano il cammino dei figli di Dio sulla terra»(5), promuovendo l’esperienza di convocazione, incontro e costruzione della comunità ecclesiale.

01 Gennaio 2009

Myriam 2009/1

Il “santuario” che in questo numero andremo a visitare è molto più vasto di quello che in apparenza si apre alla vista dei numerosi pellegrini che lo visitano.

Nel senso canonico del termine non è nemmeno un santuario, ma una Cappella, un luogo destinato al culto della comunità religiosa che vi risiede.

L’eccezionalità degli eventi che hanno attraversato la sua storia fa di questa Cappella un luogo di pellegrinaggi tra i più visitati d’Europa. Mi riferisco infatti alla Cappella della Medaglia Miracolosa, a Parigi, universalmente conosciuta come la Cappella de Rue du Bac, dal nome della via ove essa è localizzata.

La vastità a cui accennavo all’inizio sta nel fatto che i doni spirituali scaturiti dagli avvenimenti che si succedettero in quella Cappella, in un lontano giorno del 1830, si sono irradiati in ogni angolo della terra, per mezzo di uno “strumento” così piccolo da far stupire anche i più scettici: una piccola medaglia di latta, stretta al polso da una cordicella di cotone celeste o appesa al collo, oppure conservata tra le pieghe di un portafoglio. Chi non la conosce? È la medaglia che ogni malato riceveva un tempo entrando in ospedale, quella regalatagli da una suora o dalla catechista, “la Medaglia” per eccellenza.

Ma è la semplicità di quest’oggetto di culto che attira l’attenzione, e che ci rimanda ancora una volta alla dinamica evangelica della povertà, che si affida sempre alle cose piccole ed umili, per preparare il cuore degli uomini ad accogliere l’amore di Dio.

Sono proprio questi valori, di povertà e umiltà, a diventare una costante nella vita di colei che quegli avvenimenti li visse in prima persona, Santa Caterina Labouré. Lungo tutto il periodo successivo alle apparizioni visse in una  dimensione spirituale che i grandi santi hanno chiamato da sempre di “nascondimento”, per indicare in termini dinamici la totale prevalenza della volontà del Signore su ogni tentazione di protagonismo.

Con questo numero di Myriam, andremo a visitare il santuario della sua anima, per poter accogliere nel nostro cuore le parole di Maria Santissima, così come Caterina le accolse nei momenti delle apparizioni.

Sono parole che rimasero impresse per più di quarant’anni nella mente di questa suora, impegnata prima al servizio dei poveri anziani e poi alla portineria del suo convento, senza che nessuno sapesse niente, conosciute solo dal suo confessore e sigillate dal segreto del sacramento. Infatti, sebbene ai quei tempi tutti sapessero che la Madonna apparve ad una suora consegnandole l’immagine di quella Medaglia che già chiamavano “miracolosa”, nessuno sospettò che quella suora fosse lei.

Proprio riferendosi a questo desiderio di non voler apparire, Pio XI il giorno della sua beatificazione ebbe a dire: «Noi non conosciamo (forse ce n’è, ma noi confessiamo la nostra ignoranza) un esempio più meraviglioso di vita nascosta di quella di quest’anima di cui tutti parlavano durante la sua vita e per tanti anni, e che restava nell’ombra, nascosta con Maria e Gesù». (29 maggio del 1933)

Sebbene tutti conoscano la Medaglia Miracolosa, per i più Caterina Labouré rimane ancora nell’ombra.

Eppure, nonostante la sua naturale semplicità, che in un primo tempo fu addirittura di ostacolo all’introduzione della causa di beatificazione, essa fa parte di quei testimoni che la Chiesa addita a modello di santità proprio perché seppero veicolare la propria fede nelle vicende semplici di una vita totalmente normale, tra le pareti di una casa o quelle di un convento.

La ragione per cui la redazione ha scelto di dedicare questo numero di Myriam alle apparizioni della Medaglia Miracolosa è anche quella di far conoscere la figura di Santa Caterina Labourè, e segnalare ancora una volta la preferenza di Maria Santissima per le persone che, come Lei, si sanno distinguere per l’umiltà di cuore e il servizio della carità.

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